La rubrica Indie dedicata a tre documentari: Nostalgia della luce, Citizenfour e Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker
Anche se spesso vengono banalmente considerati prodotti cinematografici a parte rispetto ai lungometraggi, i documentari si sono guadagnati, soprattutto negli ultimi decenni, una fetta sempre più vasta di spettatori, interessati a scoprire fatti per lo più nascosti o volutamente ignorati dal mondo dell’informazione ma snocciolati dettagliatamente da coraggiosi registi che non si sono arresi alle spietate regole spesso imposte dalle case di produzione e hanno fatto delle loro macchine da presa lo specchio di una realtà spesso scomoda da raccontare.
In realtà il cinema è nato per documentare, sin dai sui albori alla fine dell’Ottocento. Si è passati infatti da esperimenti protocinematografici realizzati con sequenze di scatti fotografici che consentivano di analizzare il movimento di esseri umani e animali all’evoluzione tecnologica, ad opera soprattutto di Thomas Edison e dei fratelli Lumière, che ha permesso la riproduzione del movimento verosimile grazie alla proiezione su schermo di immagini distinte. Il documentario rappresenta quindi la forma più autentica di fare cinema e la sua forza sta proprio nel raccontare una storia senza passare attraverso la dicotomia realtà-finzione come fa un film.
La top 3 dei documentari scelti dalla rubrica Indie per il loro modo di narrare o rivelare fatti storici abbastanza controversi, soprattutto per non farli dimenticare e mantenerne viva la memoria, è composta da Nostalgia della luce (Nostalgia de la luz) del 2010, Citizenfour del 2014 e The Russian Woodpecker del 2015.
Documentari: Nostalgia della luce (Nostalgia de la luz) recensione
Premiato all’European Film Award, Nostalgia della luce è un sorprendente documentario di 90 minuti diretto da Patricio Guzmán, che ne è anche la voce narrante. Il regista cileno descrive, attraverso le testimonianze di varie persone, la bellezza del deserto di Atacama, in cui è più facile vedere le stelle per via della bassissima percentuale di umidità presente nell’aria, che quindi rende il cielo più facile da esplorare. Posto preferito da innumerevoli osservatori astronomici, questo luogo magico nasconde anche molte realtà passate. Il deserto cileno era sede infatti, di diversi campi di prigionia creati sotto la dittatura di Pinochet e contiene quindi, nel suo arido territorio, le tracce delle atrocità imposte dal regime. I resti dei desaparecidos, nascosti in questa terra al confine del mondo, vengono ancora cercati dai familiari per assicurare loro una degna sepoltura proprio come gli archeologi rintracciano la presenza di civiltà passate, attraverso iscrizioni e mummie precolombiane. Guzmán ci guida alla scoperta di questo posto meraviglioso e ricco di storia utilizzando abilmente analogie tra i vari racconti, sia scientifici che storici, che si mescolano tra di loro, conferendogli una magia unica.
Documentari: Citizenfour recensione
Citizenfour, che ha fatto vincere a Laura Poitras l’Oscar al miglior documentario, è l’ultima opera di una trilogia iniziata dalla documentarista statunitense nel 2006 con My Country My Country, basato sull’occupazione militare degli USA in Iraq e proseguita nel 2010 con The Oath, un documentario che parla della storia di due uomini yemeniti intenti a fuggire dalla guerra. Lo spiazzante documentario, che racconta lo scandalo spionistico della NSA denunciato da Edward Snowden, è un excursus crescente del complesso rapporto di comunicazione, iniziato con una e-mail crittografata da uno sconosciuto che si firma “Citizen Four”, tra la regista è quello poi lei scoprirà essere l’informatico statunitense.
Il potere di questo documentario sta sicuramente nel montaggio di varie situazioni che precedono e susseguono l’incontro tra la Poitras e Snowden rendendolo emozionante come un thriller, con la sola differenza che non si tratta di fiction ma di una triste e vera storia di spionaggio sia politico che finanziario messo in atto dal governo americano.
Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker recensione
The Russian Woodpecker, diretto e prodotto da Chad Gracia, è un altro sconvolgente documento che rivela verità tenute nascoste per anni dal governo russo sul disastro di Chernobyl.
Vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, il documentario svela, con i toni di un thriller politico, le indagini di un eccentrico artista ucraino, Fedor Alexandrovich, sul legame tra l’incidente di Chernobyl e la Duga, un’antenna che ai tempi della Guerra Fredda mandava alle radio di tutto il mondo un segnale ribattezzato “Russian Woodpecker”, letteralmente “picchio russo”. La formula vincente del docufilm è stata proprio scegliere come protagonista narrante il giovane ucraino, che quando avvenne l’incidente alla centrale nucleare, nel 1986, aveva solo quattro anni. Mosso dalla rabbia nei confronti del regime sovietico, che secondo lui ha nascosto la verità sulla natura del disastro facendo ricadere la colpa sugli operatori dell’impianto, Alexandrovich cerca di far luce con ironica malinconia sulle ombre di una delle tante cospirazioni dell’Unione Sovietica.
Arianna