Notturno recensione documentario di Gianfranco Rosi in Concorso alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia
Dopo il Leone d’Oro Sacro GRA, Gianfranco Rosi presenta il suo nuovo film Notturno in Concorso a Venezia 77. La sua attenzione questa volta è rivolta al Medio Oriente, una terra suggestiva e affascinante per la sua cultura e un paesaggio naturalistico misterioso e spettrale, ma anche scenario di violenza e dolore per la sua storia.
Rosi si muove tra Siria, Libano e Iran cercando di raccontare varie sfumature di una realtà che porta i segni di conflitti duri e impietosi come le numerose guerre civili, dittature spietate, invasioni e ingerenze straniere. La telecamera si sofferma statica su momenti di quotidianità: cacciatori che si appostano all’alba e al tramonto in paesaggi desolati, donne in lutto che intonano litanie in luoghi spettrali, soldati che si preparano al turno di lavoro, carri armati che procedono lentamente verso mete ignote. Queste immagini si susseguono in religioso silenzio, come se il regista volesse suggerire allo spettatore di riflettere su quella pace apparente dietro cui si cela una tempesta di dolore prima del prossimo brusco risveglio nella realtà.
Il silenzio infatti è uno dei protagonisti principali di Notturno, un documentario intenso e con una fotografia suggestiva e poetica che però manca di ritmo. Mentre nei lavori precedenti Rosi ha costruito una narrazione precisa oltre le immagini, in grado di coinvolgere il pubblico anche dal punto di vista emotivo, qui la forma sembra sconnessa e rischia di annoiare. Dalla natura fangosa e popolata qua e là da rovine che denunciano l’orrore della guerra seppur in modo implicito, si passa a strade e vicoli deserti della città in cui sfrecciano motorini e cavalli in uno scenario in parte surreale. Poi si passa all’interno di un carcere e di un ospedale psichiatrico, due altri luoghi di sofferenza, custodi di una storia tragica che odora di morte.
Notturno non mostra la guerra in modo diretto, ma prova ad esplorare i dintorni di essa. Soprattutto quando, dalla voce dei bambini, si ascoltano ricordi agghiaccianti delle torture a cui hanno assistito o che hanno subito in prima persona con l’arrivo dell’ISIS. Teste mozzate, impiccagioni, pugni, calci, e varie pratiche insensate e folli che ormai sono marchiate a fuoco nelle loro piccole menti anche se il personale scolastico prova ad aiutarli a dimenticare o perlomeno a comprendere quella brutalità, anche se è impossibile persino per gli adulti.
Distese di acqua avvolte dai toni caldi del tramonto, campi immensi e isolati, si alterano ad ambienti vuoti in cui i personaggi si muovono timidi. Notturno è sicuramente un documentario interessante per il suo valore artistico e culturale, ma non coinvolge per la mancanza di una storia da raccontare. Sembra più di essere di fronte a un’opera d’arte da ammirare e contemplare, ma non a un documentario con un’anima da esplorare e vivere.