Era inevitabile che, presto o tardi, un film sulla vita del grande ballerino Rudolf Nureyev avrebbe visto la luce. Ralph Fiennes con Nureyev – The White Crow ha voluto portare sullo schermo tre momenti topici della vita del “corvo bianco” (soprannome che gli fu dato da bambino): la sua infanzia, il suo approccio alla danza e il viaggio a Parigi, durante la Guerra Fredda, città ove il suo destino cambierà per sempre.
Siamo nel 1961. Nureyev è diventato una grande stella della danza classica in Unione Sovietica e, come primo viaggio della sua vita, va a Parigi insieme ad altri membri del prestigioso Kirov Ballet Company. La tournée incontra il favore entusiastico del pubblico parigino. In quanto étoile del corpo di ballo, Nureyev viene seguito ovunque dal KGB durante il soggiorno e, a causa del suo carattere ribelle e del suo noto anticonformismo, gli ufficiali decidono, in aeroporto, di non fargli prendere l’aereo per Londra ma di rimpatriarlo immediatamente in Unione Sovietica. Impaurito e disperato chiede pertanto aiuto ad alcuni nuovi amici parigini, decidendo di disertare e di chiedere asilo politico in Francia. Contemporaneamente a Mosca viene condannato in contumacia per alto tradimento.
Le variazioni cromatiche affascinano lo spettatore e sono magistralmente gestite dal regista per posizionarci nello spazio e nel tempo del racconto. Il ritmo dell’inizio della storia non è frenetico ma neanche compassato, incalzante soprattutto quando il ballerino diventa una celebrità, decidendo di cambiare vita perché vuole essere finalmente ‘libero’.
Dal punto di vista tecnico il film è ineccepibile. Un’attenta e meticolosa ambientazione ci immerge davvero nella Russia austera e comunista come contraltare di una Parigi caotica, sfavillante e monumentale. La rappresentazione trova inoltre un interessante equilibrio tra immagine e musica. Fiennes realizza un film molto elegante e con un grande gusto estetico ma, nonostante il notevole sforzo della fotografia, della scenografia e della perfetta somiglianza dell’attore, il film non smette di essere un biopic tradizionale, probabilmente un ritratto più intimo e meno popolare di Bohemian Raphsody.
Inoltre, sebbene non diminuisca la tensione e la drammaticità della storia, è evidente un problema di equilibrio nel ritmo del film che risulta troppo frammentato per l’uso constante dei flashback creando una disarticolazione un po’ caotica, con una prima parte troppo lenta ma che, fortunatamente, recupera brillantezza nella seconda metà.
Nureyev – The White Crow ritrae fedelmente un Nureyev ribelle e tremendamente arrogante. Vanta inoltre splendide ed accurate coreografie che mettono in risalto i movimenti dei ballerini, pregiandosi di un cast stellare guidato dai professionisti Oleg Ivenko (Nureyev) e il sempre controverso Sergei Polunin, oltre allo stesso Fiennes nei panni dell’insegnate Pushkin.
Nureyev è stato la quintessenza della grazia, che non è altro che la bellezza in movimento. Fiennes riesce a restituirci tutto questo, regalandoci una biografia raffinata ed accurata di un personaggio unico, intrigante per coloro che non sapevano nulla del divino Rudy e imperdibile per i suoi storici ammiratori.
Gabriela