O que arde (Fire Will Come) recensione film di Oliver Laxe con Amador Arias, Benedicta Sánchez, Inazio Brao, Nuria Sotelo e Rubén Gómez Coelho
O que arde è un film spagnolo, girato in lingua galiziana, vincitore del Premio della Giuria della sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes e vincitore del premio principale del festival Mar del Plata. Il suo regista Oliver Laxe, al terzo lungometraggio dopo You All Are Captains e Mimosas, è stato indicato da Bong Joon-ho come uno dei venti registi emergenti più promettenti al mondo.
La trama del film, ambientato tutto in un paesino della Galizia, è fortemente archetipica e densa di significati e di richiami culturali alti: Amador (Amador Arias) è un piromane rilasciato dopo due anni di carcere; torna nella casa isolata nel cuore delle montagne della Galizia dove vive la sua vecchia madre Benedicta (Benedicta Sanchez). Laconico fino al midollo, Amador si immerge in una routine quotidiana da pastore, portando a pascolare sole tre mucche accompagnato dal cane Luna; sullo sfondo, alcuni compaesani cercano di creare un agriturismo in un vecchio casolare.
Amador è mantenuto ai margini della vita della comunità, le uniche volte che gli altri paesani interagiscono con lui è per sfotterlo – “Hai da accendere?”. Dopo un lungo, piovoso inverno, giunge la primavera, e Amador conosce una giovane, avvenente veterinaria; tuttavia il loro rapporto non sembra riuscire ad andare oltre una cordiale relazione di lavoro. Un secondo incendio ancora più distruttivo del precedente devasta il futuro agriturismo ancora prima dell’apertura, e tutti i sospetti si concentrano su Amador.
O que arde è un film al tempo stesso tradizionale e originale, con una regia solida di un regista già bravissimo che probabilmente avrebbe meritato, almeno per il suo terzo film, di entrare direttamente nel concorso principale. La sceneggiatura del film, a quattro mani, è intelligentemente anti-narrativa e contemplativa, e il suo apparente climax – il secondo incendio – deliberatamente viene seguito da uno scioglimento non altrettanto forte, anzi quasi improvviso; molto bella, peraltro, anche la sequenza di apertura, con una scavatrice che si aggira fra quelli che sono presumibilmente gli alberi bruciati da Amador nell’incendio che gli è costato due anni di carcere.
Una delle particolarità principali della regia di O que arde sta nella scelta degli attori, tutti non professionisti provenienti dai dintorni delle location in cui Laxe e la sua troupe hanno girato: neanche i due protagonisti Amador Arias e Benedicta Sanchez avevano precedenti esperienze cinematografiche, ma Laxe li ha diretti con una tale maestria da far guadagnare alla seconda un Goya alla miglior attrice debuttante, rendendola, alla veneranda età di 83 anni, la più anziana vincitrice della storia del premio.
Laddove Laxe ha ricevuto a sua volta la nomination per miglior film e miglior regia, O que arde si pregia anche di un secondo Goya alla fotografia di Mauro Herce, un altro dei maggiori pregi del film: la macchina da presa indaga la natura con una profondità di sguardo unica, e ottiene risultati difficilmente dimenticabili nella sequenza dell’incendio che apre il terzo atto del film. Immersi in una natura selvaggia e cupa, in una costante sensazione di pericolo tracciata dalle ombre stesse degli alberi, i protagonisti di O que arde soggiacciono ai ritmi delle stagioni e del lavoro nei campi come i contadini di Ornans di Gustave Courbet.
Grande attenzione è stata data allora alle battute del film, tutte rigorosamente in dialetto galiziano, segno di una grande cura filologica e di una grande attenzione del regista nei confronti del soggetto narrato. Ottima anche la selezione delle musiche, prevalentemente brani classici di Vivaldi e di Handel, ma che non disdegna di inserire, come musica diegetica, anche Suzanne di Leonard Cohen, in una scena con Amador e la veterinaria.
O que arde è semplicemente uno dei film migliori del 2019, manifesto di una nuova concezione organica di fare un cinema di finzione meravigliosamente vicino da un lato al documentario, dall’altro alla tragedia.