Old recensione film di M. Night Shyamalan con Vicky Krieps, Gael García Bernal, Thomasin McKenzie, Rufus Sewell, Eliza Scanlen e Abbey Lee
Ogni volta che un film di M. Night Shyamalan viene annunciato e rilasciato in sala la critica e il pubblico si dividono sempre in due: amanti e detrattori. Non potrebbe essere diversamente, dal momento che nel corso della lunga carriera il regista indiano naturalizzato americano ha realizzato un discreto numero di film che hanno ottenuto sia consensi sia dissensi e raramente è capitato di avere un’unanimità di giudizi, c’è sempre stata una sorta di opposizione tra i due schieramenti.
Con Signs, ma in modo più accentuato con Lady in the Water, Shyamalan ha iniziato a ricevere delle critiche, talvolta eccessive, sul suo operato giudicato da molti stanco e privo di inventive. Secondo molti, il regista si sarebbe smarrito nella ricerca di uno stile a volte troppo elaborato, e in altri casi troppo semplice, come se non sapesse più dialogare con il cinema e avesse perso lo smalto creativo di un tempo.
L’autore di grandi film come Il sesto senso e Unbreakable – Il predestinato, torna al cinema nel 2021 con Old, ultima opera cinematografica tratta dal romanzo a fumetti Castello di sabbia di Frederik Peeters e Pierre Oscar Lévy e approdato nelle sale italiane grazie a Universal Pictures. In un’isola paradisiaca, la vita di alcuni bagnanti tra cui Guy (Gael García Bernal)e Prisca (Vicky Krieps) con i loro figli, il chirurgo Charles (Rufus Sewell) con la moglie Crystal (Abbey Lee), la madre Agnes (Kathleen Chalfant) la figlioletta Kara (Eliza Scanlen), Patricia (Nikki Amuka-Bird), una psicologa affetta da emofilia e sposata con Jarin (Ken Leung) viene sconvolta da eventi misteriosi e da una forza oscura che attanaglia l’isola.
Anche per Old non sono mancate le critiche, persino dinanzi al rilascio del trailer ufficiale, ricco di sequenze ma giudicato forse fin troppo corposo e poco interessante.
Il nuovo lavoro è forse quello più radicale e complesso tra tutti quelli realizzati sino ad ora da Shyamalan, perché fugge dai marchi di fabbrica inconfondibili ai quali ci aveva abituato (in Old la tensione non è innalzata nei momenti più concitati, rimane sempre con un ritmo costante ed incessante), proponendoci un universo leggibile da diverse angolature, dove tutto non è mai realmente ciò che sembra. Una visione che richiede particolare attenzione e profondo coinvolgimento da parte dello spettatore, dove una minima distrazione può essere, per certi versi, fatale. Probabilmente potrebbe rendersi necessaria una seconda visione per comprendere al meglio alcuni elementi della narrazione che ad un primo sguardo potrebbero sfuggire.
Old è un film cangiante che disorienta e cattura lo spettatore, spingendolo a vedere ciò che è nascosto o semplicemente ignoto.
Shyamalan giocando di sottrazione decide sapientemente di non mostrare l’orrore, mettendolo sempre negli angoli più remoti, come se non accettasse la reale esistenza del male. Old è un lungometraggio che basa le sue fondamenta sui concetti di tempo, di spazio e di luogo. Ogni minuto passato sull’isola può essere cruciale per il mutamento sia fisico sia mentale di una persona, una mossa sbagliata può compromettere l’intero ecosistema, portando i personaggi a compiere gesti estremi e disperati.
Shyamalan noto per i piccoli ruoli che si ritaglia all’interno dei suoi film, qui (senza addentrarci nel particolare) interpreta un duplice ruolo fondamentale per le sorti dei vacanzieri, diventando così il viandante e l’artefice onnisciente del racconto.
Il film di Shyamalan funziona proprio per la sua indecifrabilità, dovuta alla follia che permane durante tutta la sua durata. I personaggi tanto ostracizzati hanno una precisa identità, ma si ritrovano in situazioni particolari e non sempre riescono a gestirle al meglio.
Old è quasi sicuramente l’opera più respingente di M. Night Shyamalan, ma non per questo meno interessante delle altre, perché riesce abilmente a dialogare con il cinema, dando una sfumatura tutta nuova al significato di metacinema, a plasmarlo quando occorre e ad annientare le fondamenta su cui si basano storie del genere, costruendo un impianto visivo di alto livello.
Old è un film che mette a dura prova lo spettatore, ma che alla fine della visione lo appaga e lo rigenera.