Olga recensione film di Elie Grappe con Anastasia Budiashkina, Sabrina Rubtsova, Caterina Barloggio, Jérôme Martin, Théa Brogli, Alicia Onomor, Lou Steffen e Tanya Mikhina
Nel 2013 Kiev diventa il centro delle rivolte dell’Euromaidan a causa della decisione del governo di non concludere un accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione europea. È su questo sfondo che prende vita la storia narrata in Olga.
Olga (Anastasia Budiashkina) è una giovane ragazza ucraina, promettente ginnasta il cui obiettivo è quello di raggiungere i campionati europei. La madre di Olga è una giornalista, una donna retta e onesta votata alla denuncia delle ingiustizie e, per tale ragione, bersaglio di alcune figure potenti del paese. A seguito di un fallimentare tentativo di uccisione della donna, questa decide di mandare la figlia in Svizzera, così da salvaguardarne la vita.
Olga è quindi costretta ad abbandonare la propria casa e a costruirsi una nuova vita, ma porterà con sé la passione per la ginnastica e il sogno di diventare una campionessa.
Elie Grappe dirige una pellicola che si maschera da comune film sportivo ma che in realtà è un profondo dramma psicologico in cui convergono temi quali il conflitto tra la passione e il dovere, la politica, l’appartenenza, l’integrazione, l’amicizia e la famiglia.
Olga deve fare i conti con tutto questo, deve prendere importanti decisioni, forse troppo grandi per la sua età. Affronta una realtà dalla quale non è in grado di sfuggire, deve capire chi vuole essere, cosa è importante e come far convivere i tratti della sua vita che più vanno in contrasto tra di loro.
Se all’inizio, infatti, ci sembra di conoscere Olga, di condividere le sue certezze e di aver capito quale sarà il cammino che percorreremo insieme a lei, man mano che la narrazione prosegue queste certezze vengono meno e lasciano spazio a innumerevoli dubbi.
L’amore che la protagonista nutre nei confronti della ginnastica è sincero, quasi ossessivo e privo di ragione, ma non basta per farle dimenticare il proprio paese e la madre dalla quale si è separata. Ad un certo punto il fulcro non è più la realizzazione di un sogno, ma il tentativo sempre più vano di mantenere intatto un legame con lo sport.
Ogni singola scena è costruita con l’intenzione di immergere lo spettatore nella mente di Olga e di chiarire quanto più possibile i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue difficoltà. Il grande e improvviso cambiamento dell’adolescente viene mostrato anche nei piccoli dettagli.
Il viaggio di Olga è travagliato e faticoso, ma riusciamo a viverlo con lei nella sua interezza, condividendone speranze, paure e incertezze.
Molto apprezzabile la scelta di inserire nel cast atlete professioniste. Le loro esibizioni ginniche sono chiare e veritiere, perfettamente comprensibili in tutti i passaggi dell’esecuzione, che si parli di trave, parallele o corpo libero. Altrettanto apprezzabili gli inserti video reali delle proteste a Kiev, atti a farci respirare il caos e il disordine in una disperata ricerca di libertà e cambiamento.
Olga è un film che intrattiene e rapisce in maniera genuina, con una regia totalmente asservita all’esplorazione della psiche della protagonista. È un racconto travolgente di un amore impossibile e soffocato, di un’adolescenza interrotta prematuramente; prova del fatto che la politica di un paese colpisce la società nella sua interezza, senza remore né pietà.
Nondimeno, è il racconto di un amor di patria inestinguibile, intriso di ottimismo e di speranza nelle generazioni future.