Onigoroshi: Demon City

Onigoroshi: Demon City recensione film di Seiji Tanaka

Onigoroshi: Demon City recensione film di Seiji Tanaka con Toma Ikuta e Masahiro Higashide [Netflix]

La città di Shinjo è infestata da un demone che prende possesso degli uomini una volta ogni cinquant’anni per sfogare la sua sete di sangue. Sakata (Toma Ikuta) è l’attuale ospite del demone, che lo ha reso un giustiziere spietato. Dopo aver eliminato il clan yakuza che controllava la città, Sakata credeva che la sua missione fosse finita, ma una nuova banda di criminali irrompe in casa sua, uccidendo sua moglie e la loro bambina. Gli yakuza indossano maschere da diavoli della tradizione giapponese, ma il vero demone è sulle loro tracce, e li eliminerà uno a uno.

Non si può dire che a Demon City manchino idee interessanti per suscitare la curiosità di uno spettatore che si trovi a scorrere il catalogo di Netflix, che ha prodotto e distribuito il film. La prima è sicuramente l’inserimento di una componente sovrannaturale e horror all’interno di un classico intreccio da yakuza movie.

Il fatto che Sakata sia sostanzialmente immortale e invincibile lo rende infatti un’inarrestabile macchina di morte, e il regista Sheiji Tanaka si diverte quindi a lanciargli contro qualunque cosa, orchestrando scene d’azione tanto sanguinose quanto esagerate.

Un’altra qualità inaspettata del film è la sua spietatezza. Il mondo corrotto di Shinjo non risparmia nessuno, e i personaggi più retti e innocenti sono quelli che fanno la fine peggiore. L’atmosfera che si respira per buona parte del film (almeno fino allo scontro finale) è opprimente, priva di speranza. Sappiamo che Sakata riuscirà nella sua sanguinosa impresa, ma non per questo renderà il mondo migliore.

Va’ specificato che il tono e la messa in scena del film potrebbero far storcere il naso ad alcuni spettatori. La pellicola è infatti l’adattamento del manga Onigoroshi, di Masamichi Kawabe, e la pellicola abbraccia completamente la propria natura fumettistica. L’intreccio segue quindi un andamento sostanzialmente episodico, dove il protagonista elimina avversari sempre più forti fino ad arrivare al ‘boss finale’.

Per chi ha familiarità con questo tipo di adattamenti non sarà difficile entrare in questo mondo esagerato fatto di criminali mascherati, esasperati combattimenti all’arma bianca, coreografie spettacolari e recitazione sopra le righe. Chi si aspetta un taglio leggermente più realistico, potrebbe invece trovare tutto questo estremamente posticcio e infantile.

Il vero problema di Demon City è che non sfrutta mai fino in fondo il suo potenziale. La natura demoniaca del protagonista rimane infatti un semplice (e generico) superpotere, una banale trovata per renderlo più resistente e fargli macellare il maggior numero di nemici possibile. Sakata accumula pile cadaveri senza interrogarsi mai sui suoi poteri, rimanendo uno semplice giustiziere guidato da una generica forza sanguinaria.

Lo stesso livello di superficialità si riscontra nella scrittura dei personaggi, ognuno dei quali non fa altro che svolgere la propria funzione narrativa. Sakata è un eroe cupo e tormentato, rabbioso e assetato di sangue, ma non ha il minimo interesse a riflettere sulla sua condizione. Il perfido sindaco Sunohara (Onoe Matsuya), fra risate malvagie e monologhi minacciosi, manca di qualsiasi spessore, mentre i personaggi più realistici e con un vero potenziale introspettivo vengono uccisi senza troppe storie.

 

Sintesi

Demon City si presenta come un’interessante variazione del revenge movie a tinte yakuza, aggiungendo una componente soprannaturale a un intreccio altrimenti banale. Tutto però rimane tremendamente in superficie, è il film finisce per essere una normale, per quanto divertente, storia di vendetta.

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