Onward – Oltre la magia recensione film d’animazione Disney Pixar di Dan Scanlon con le voci italiane di Alex Polidori, Andrea Mete, Sabrina Ferilli e Fabio Volo
Dopo il successo di pubblico e critica raccolto con Toy Story 4, vincitore dell’Oscar come miglior film d’animazione, la Pixar torna nelle sale con Onward – Oltre la magia. Ma cosa c’è oltre la magia? A suggerircelo sono Ian (voce di Alex Polidori) e Barley (voce di Andrea Mete), due fratelli elfi estremamente diversi tra loro: il prima è magrolino e combatte ogni giorno con la propria insicurezza, il secondo ha due spalle larghe in tutti i sensi, che gli permettono di farsi scivolare di dosso i commenti di chi lo giudica un po’ troppo fuori dalle righe. Entrambi hanno dovuto affrontare la precoce perdita del papà, anche se in apparenza sembra che soltanto Ian senta la mancanza del genitore perduto e per questo non mancano momenti di tensione tra i due. Ma, come una sorta di P.S. I Love You versione cartoon, sarà proprio loro padre a riuscire, dall’aldilà, a colmare le lacune del loro legame fraterno.
Onward, in viaggio con due fratelli e il loro papà
Papà Wilden (voce di Fabio Volo) dona ai propri figli quello che appare come un semplice bastone magico ma che presto diventerà il mezzo concesso a Ian e Barley, un po’ grazie al volere del destino e un po’ all’intuito che non manca mai ad un genitore, per intraprendere quel viaggio che sì, rappresenta davvero il regalo del loro padre scomparso. In fondo, non è forse vero che più della destinazione sia il tragitto a rappresentare il vero senso di un viaggio? Lo diceva anche Dorothy ne Il Mago di Oz e chi siamo noi per dubitarne?!
Solo che, in questo caso, Ian e Barley come compagni di viaggio non hanno uno spaventapasseri, un uomo di latta o un leone codardo ma, udite udite, le gambe di loro padre. Solo ed esclusivamente gli arti inferiori ma tanto bastano per rendere indimenticabile l’esperienza dei due fratelli.
La magia del cinema animato ci permette come al solito di non stupirci se vediamo una manticora servire ai tavoli di un fast food o un gruppo di fatine punk-metal a bordo di una Harley Davidson. Ma proprio intorno a questo tema si sviluppa Onward che racconta come nel corso dei secoli i personaggi epici si dimentichino della loro natura e si auto-addomesticano per adeguarsi alla società che li circonda.
Introdotto il primo personaggio LGBT, già censurato in Russia
Si spera che dopo la sua uscita nelle sale, Onward non diventi oggetto di discussione solo per la prima apparizione di un personaggio omosessuale. Una poliziotta che interpreta una parte di pochi secondi e che semplicemente declina un singolo sostantivo al femminile (la mia compagna), anziché al maschile. In molti si chiedono se i tempi siano maturi e bisognerebbe comprendere se ad esserlo siano gli adulti e i genitori, considerata l’immediata censura da parte della Russia, poiché se si parlasse esclusivamente di un pubblico composto da bambini, il “problema” neanche si porrebbe.
Un po’ come in Frozen, dove al centro vi era il rapporto tra le sorelle Anna ed Elsa e le nuove consapevolezze conquistate da quest’ultima, Onward sceglie di raccontarci il legame tra due fratelli e ci rende spettatori di un percorso di maturità intrapreso in particolare dal più piccolo, Ian.
Onward mette in evidenza anche il lavoro di una madre (Laurel, voce di Sabrina Ferilli) rimasta vedova, e del suo attuale compagno che tenta di equilibrare il senso di responsabilità nei confronti dei ragazzi con la voglia di provare a risultare divertente ai loro occhi. L’istinto materno della donna rappresenta un superpotere aggiunto, che non necessita di bastoni magici o formule strane: se i suoi figli sono in pericolo, diventa portatrice di coraggio, cuore e intuito, un mix letale contro cui neanche un drago gigante può fare nulla.
Magia e risate tra personaggi irresistibili
I personaggi incrociati dai due fratelli durante il loro tragitto, si imbattono con la madre e sarebbe stato bello vedere tutte le creature coinvolte nella ricerca di Ian e Barley, come poi ha fatto solamente la manticora, un po’ nello stile de Alla ricerca di Nemo. Le stesse creature nel corso degli anni si sono omologate alla mediocrità che li circondava, rinunciando alla propria straordinaria natura e dimenticandosi di quello è racchiuso nel loro DNA.
In Onward, Dan Scanlon inserisce richiami evidenti all’universo di Indiana Jones e Dungeons & Dragons, mischiando costantemente elementi magici alla realtà quotidiana. Avventura ed enigmi da risolvere la fan da padrona, ma lasciano ampio spazio a battute irriverenti e momenti da lacrima facile sparsi qua e là. Un film che ci ricorda ancora una volta come l’essere diventati adulti ci faccia vivere un cartone animato a 360 gradi: oltre a riuscire a comprendere meglio la genialità di alcune gag, che magari potrebbe sfuggire ad un pubblico più giovane, risulta ormai impossibile trattenere la commozione di fronte ad alcune scene. Allo stesso tempo, i bambini verranno facilmente rapiti dai bellissimi colori di Onward e dai tanti personaggi più o meno buffi che ritroviamo sullo schermo nel corso dei 100 minuti di visione.
Un viaggio dentro noi stessi, per chi c’è e per chi non c’è più
Dopo aver visto Onward, dovremmo un po’ tutti fare come Ian e scrivere le cose da fare per migliorarci ogni giorno e superare così i limiti che inconsciamente ci imponiamo da chissà quanto tempo. Tutti abbiamo desiderato, almeno una volta, di possedere un po’ di magia per riportare al nostro fianco, anche solo per un giorno, chi non c’è più. Eppure non ci rendiamo conto che non servono formule strampalate per ottenere tutto ciò: chi se ne è andato rimane comunque dentro di noi e nelle persone che ci circondano, che poi sono proprio le persone che ci conoscono di più e che diamo spesso per scontate, ed è grazie a loro che possiamo rendere ancora più magico questo viaggio chiamato vita.