Opus: Venera la tua stella

Opus: Venera la tua stella recensione film di Mark Anthony Green

Opus: Venera la tua stella recensione film di Mark Anthony Green con John Malkovich, Ayo Edebiri, Juliette Lewis e Murray Bartlett 

Opus Venera di Mark Anthony Green (Credits: Caesars Request - A24)
Opus Venera di Mark Anthony Green (Credits: Caesars Request – A24)

Osannato quanto contestato, discusso e divisivo come solo la A24 riesce a fare. La sorpresa e rivelazione dell’ultima edizione del Sundance Film Festival è pronta ad approdare nelle sale italiane.

Una giornalista e il suo capo, una conduttrice televisiva, un’influencer, una paparazza e un conduttore radiofonico sono invitati nel remoto complesso di Alfred Moretti (John Malkovich), una leggendaria pop star scomparsa misteriosamente trent’anni prima. Circondata da un culto di devoti e da figure inquietanti, la giornalista Ariel si trova intrappolata in un intricato piano ordito da Moretti, dove nulla è come sembra.

Pellicole di questo genere, le cui premesse rivelano un carattere poco originale e già visto, nascondono spesso sviluppi imprevedibili e svolte inaspettate. Lo spettatore è consapevole che ciò che vedrà non sarà una novità assoluta, ma nutre la speranza di imbattersi in territori che, pur sembrando familiari, possano riservare sorprese e novità.

Tuttavia, già nei primi minuti, questa speranza sembra svanire rapidamente.

In Opus: Venera la tua stella, opera prima di Mark Anthony Green, la scena non appare costruita con una struttura solida. Sembra essere privata di quell’eleganza e quell’armonia scenografica tipica dei prodotti di questo genere: ogni oggetto, colore e ambiente sembrano fuori luogo, creando una dissonanza che disturba il contesto in cui sono inseriti.

Durante la visione si ha la sensazione di non trovarsi di fronte al thriller/horror promesso, ma piuttosto a una commedia intrisa di rimandi e allusioni al genere dell’assurdo, con un’ironia che fatica a funzionare e risulta fortemente fuori contesto.

Alfred Moretti appare inizialmente come una figura enigmatica e sinistra, ma questa caratterizzazione svanisce presto a causa di una sceneggiatura che sembra mancare di direzione e di obiettivi chiari.

Opus Venera di Mark Anthony Green (Credits: Caesars Request - A24)
Opus Venera di Mark Anthony Green (Credits: Caesars Request – A24)

È quasi paradossale pensare che, dietro un marketing sontuoso e costruito attorno a un autentico culto della personalità, si nasconda un protagonista così privo di spessore, insipido ed estenuante, al punto da risultare quasi parodistico.

In netto contrasto con l’antagonista, anche il ruolo della protagonista sembra non funzionare. Quello di Ariel appare come una figura marginale, ingiustamente costretta a restare ai bordi della situazione, del contesto e persino dell’inquadratura, risultando così poco rilevante nel complesso narrativo.

Per la giovane, non basta la forza o il coraggio del dubbio, della messa in discussione o del rifiuto delle convenzioni sociali imposte; ciò che emerge è invece una sensazione di vuoto, accompagnata da un’assenza totale di carisma.

Il vero problema dell’opera risiede nella sua eccessiva derivazione: attinge spunti, ambientazioni e tematiche da altri lungometraggi ampiamente discussi (in primis Midsommar: Il villaggio dei dannati e il più recente The Menu), ma li inserisce in un contesto che sembra privo di solide fondamenta.

Proprio a causa della sua tendenza a rifarsi ad altri film, lo spettatore è in grado di riconoscere e anticipare immediatamente inganni, colpi di scena e svolte narrative.

I personaggi finiscono per essere semplici spettatori di un’avventura priva di sostanza e altalenante, dove anche le reazioni più sincere appaiono, per un motivo o per un altro, completamente inverosimili. È davvero difficile credere che tutti rimangano affascinati da un divismo morettiano così poco convincente, tanto da non accorgersi che tutto ciò che li circonda è decisamente strano e inquietante.

È solo con il terzo atto che la sceneggiatura trova finalmente una spinta significativa, un vero e proprio atto di determinazione e audacia che, pur essendo stato accennato fin dall’inizio, sembrava quasi una menzogna.

La sensazione finale è che le premesse di questo tipo abbiano esaurito il loro potenziale esplicativo e tematico, ricadendo incessantemente in una ripetizione di ciò che sembra già visto e rivisto. I dialoghi, che avrebbero dovuto essere la forza del film, finiscono invece per risultare esclusivamente di facciata: furbi e vuoti, proprio come il carattere stesso della pellicola.

Opus Venera di Mark Anthony Green (Credits: Caesars Request - A24)
Opus Venera di Mark Anthony Green (Credits: Caesars Request – A24)

Sintesi

Dopo l’anteprima al Sundance Film Festival, il primo lungometraggio di Mark Anthony Green è pronto a sbarcare nelle sale italiane. Con premesse non originali e svolte narrative ancora più deludenti, Opus fatica a trovare un'identità propria, cadendo in un intreccio prevedibile e privo di vera originalità, con una scenografia che disturba e una narrazione che fatica a farsi seguire per le sue ambizioni poco chiare. Il film si trasforma rapidamente in una commedia permeata da rimandi all'assurdo, con un'ironia che non decolla mai e un genere promesso che sembra essere completamente assente

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