Pachinko – La moglie coreana recensione serie TV Apple TV+ di Soo Hugh diretta da Kogonada e Justin Chon con Minha Kim, Lee Minho, Yuh-Jung Youn, Soji Arai, Jin Ha, Yuna, Jimmi Simpson e Anna Sawai
Sembrava che This is Us – di cui stiamo assistendo all’adattamento italiano proprio in queste settimane con Noi – avesse stabilito uno standard inarrivabile per le narrazioni familiari, ma Pachinko ha deciso di fregarsene con cognizione di causa. Si può andare oltre l’intreccio emozionale di destini personali, facendo intervenire la Storia nel ruolo di deus ex machina nel tracciamento delle traiettorie della vita. La serie di Dan Fogelman insiste sulla dimensione particolare dei rapporti personali, garantendo una risonanza emotiva tendente all’universale, ma il nuovo gioiello del catalogo Apple TV+ dimostra che si tratta di una visione parziale e incompleta.
C’è un contesto in cui la vita ha luogo e prende determinate direzioni. Le coordinate che determinano le direzioni da prendere, al netto di empatia e simpatia, rimangono spaziali e temporali. Il destino travagliato di una giovane donna coreana – Sunja interpretata in ordine cronologico da Yuna, Minha Kim e Yuh-Jung Youn – si scrive in un territorio e in un popolo sotto il ferreo controllo giapponese, a partire dagli inizi del Novecento, prima di diventare immigrata nel cuore dell’invasore. Quello che potrebbe essere utilizzato un background utile a dare spessore ad una serie TV, in maniera silenziosa ma incessante si trasforma in una griglia interpretativa che sovrasta i partecipanti della Storia prima di diventare nozione storica.
Il pachinko, infatti, altro non è che un gioco d’azzardo che prevede lo scorrere di minuscole sfere d’acciaio all’interno di un reticolo fatto di ostacoli di varia natura prima di raggiungere i fori d’uscita. Una sorta di pinball orientale, associato alla criminalità organizzata perché basta una minima e impercettibile alterazione dei pioli che indirizzano le palline per tenere sotto controllo i flussi di vincite. È per questo motivo che i personaggi della serie, nella stupenda sigla che precede ogni episodio, danzano tra gli apparecchi sorridenti sulle note di Let’s Live for Today facendo incontrare le linee temporali che si rincorrono di episodio in episodio. Il gioco diventa la metafora di riferimento, i personaggi sono le sfere, lo spazio-tempo il campo passibile di mutazioni determinanti.
Il macroscopico e il microscopico si incontrano alla perfezione, utilizzando la storia come fluidificante. L’epica familiare contiene quella di un popolo, espressa principalmente attraverso la lingua e il cibo. Nell’arco di otto episodi, i riferimenti culturali si fanno carico di una responsabilità simbolica e sociale. I dominanti giapponesi cercano di annientare l’identità dei dominati coreani con un proibizionismo ideologico, che in Pachinko si trasforma in una differenziazione dei sottotitoli a seconda dei parlanti e nella continua presenza del kimchi – piatto tradizionale coreano a base di spezie e verdure fermentate e colonna gastronomica della serie.
Sembra di assistere alla messa in scena del riflessioni di Pierre Bourdieu su potere e dominio. L’avvento della presenza dominante americana – nel segmento che vede Jimmi Simpson sul percorso di Jin Ha – è forse più sottile ma altrettanto votata alla cancellazione, mentre le persone continuano inevitabilmente a vivere.
L’amore di Sunja lungo il ventesimo secolo è il gettone di accesso a una delle sessioni della grande macchina-pachinko della vita per intervenire sullo status quo, avvalendosi di interpretazioni, attori e riferimenti formidabili. Che ci sia alle spalle un bestseller del New York Times è un’informazione accessoria, perché il gioco che coinvolge Lee Minho, Yuh-Jung Youn e il resto del meraviglioso cast di Pachinko è lo stesso che affrontiamo da quest’altra parte del mondo, inconsapevoli delle scarse possibilità di successo e di un problema di fondo. Dalla nostra, e dalla parte di Sunja, ci sono la flebile possibilità e la fervida illusione che le nostre abilità, così come le nostre scelte, possano incidere sul buon esito del nostro passaggio su questo mondo.
Pachinko diventa così la mosca bianca nell’attuale orizzonte seriale. Diluendo i destini particolari di una famiglia coreana nei grandi movimenti della Storia, ottiene una tonalità narrativa che sembra capace di tenere insieme per la prima volta tutte le componenti che intervengono nelle manifestazioni della vita. C’è tutto il necessario, insomma, per rimanere meravigliosamente annichiliti.