Paddington in Perù recensione film di Dougal Wilson con Antonio Banderas, Olivia Colman, Emily Mortimer e Hugh Bonneville
Sono passati sette anni dall’ultima apparizione del bizzarro orsetto sul grande schermo.
Il pubblico, che da adolescente è diventato adulto e da bambino a ragazzo, negherebbe se dicesse di non sorridere e non sentirsi trasportato ancora oggi dalla magia della famiglia Brown che, con volti familiari e nuovi (come la signora Brown interpretata da Emily Mortimer e non più da Sally Hawkins), sono pronti a farci vivere un’altra fantastica avventura.
In questo nuovo e avvincente capitolo Paddington si reca in Perù per far visita all’amata zia Lucy, che ora risiede nella Casa degli Orsi in pensione. L’arrivo in Perù darà l’inizio ad un’emozionante avventura che li conduce in un viaggio inaspettato attraverso la foresta amazzonica.
Il clima afoso del Sud America offre un perfetto controcampo rispetto alle prime due pellicole, ma, nonostante il differente scenario, il divertimento, le emozioni e il senso di unione rimangono immutati.
Nuova storia, nuovi sceneggiatori e nuovo regista, ma questo capitolo sembra essere perfettamente in linea con i vecchi.
Le premesse iniziali non sembrano essere delle migliori: la luce che illuminava la famiglia nelle prime pellicole si è affievolita e il viaggio in Perù appare come l’unica possibilità per riaccenderla.
Quello che si respira tra le mura domestiche è una vera e propria divisione familiare: l’interazione tra genitori e figli sembra essere svanita, e ognuno condivide le proprie avventure e i propri traguardi in solitudine.
Paddington in Perù è un film sul sospetto e sulla riconciliazione familiare: un prodotto colorato, vivace e luminoso, adatto sia ai più grandi che ai più piccoli.
Il cast stellare, arricchito in questo capitolo dalla presenza di Olivia Colman e Antonio Banderas, riesce a regalare intense emozioni allo spettatore, rendendo la storia ancora più coinvolgente e immersiva.
Il messaggio, sorretto da una scrittura sempre efficace e da un tono dinamico, si trasforma in un invito continuo a sfidare noi stessi, per superare le incertezze, i limiti e i timori che ogni giorno appesantiscono la nostra vita.
Per il giovane orsetto la felicità si raggiungerà solo quando si smetterà di dare voce alle insicurezze che risuonano nella nostra mente. La vera ricchezza, cercata assiduamente lungo tutto il viaggio, non è qualcosa di materiale, ma è quell’unione familiare tanto desiderata e assente all’inizio della storia.
Paddington affronta un bellissimo viaggio e lo spettatore con lui. Un percorso di profonda formazione verso la ricerca di noi stessi, che ci eravamo perduti molto tempo fa. È il ritrovare quella parte infantile che la società cerca costantemente di reprimere, ma che continua a vivere dentro di noi.
Ciò che funziona meno in questo scenario peruviano deriva dal progressivo allontanamento dalla quintessenza del protagonista: la figura di Paddington, essendo sinonimo di integrazione, risulta essere più efficace e funzionale all’interno del nucleo londinese, un luogo più introspettivo in cui quest’aspetto è maggiormente evidente.
In questo nuovo capitolo questa tematica sembra esserci meno, ma non per questo tenderà a rovinare l’esperienza. Le premesse per rivedere l’orsetto sullo schermo ci sono tutte e noi, già da ora, non vediamo l’ora di imbatterci in una nuova avventura.