Padre Pio recensione film di Abel Ferrara con Shia LaBeouf, Cristina Chiriac, Marco Leonardi, Asia Argento, Vincenzo Crea e Luca Lionello
Dopo un periodo a dir poco tormentato a livello personale, Shia LaBeouf decide di prender parte all’ultima fatica di Abel Ferrara, che porta a Venezia 79 un film a dir poco ambizioso sul celebre religioso nostrano Padre Pio da Pietrelcina. Il compito non era affatto semplice e Ferrara sceglie di svolgerlo con coraggio, emancipandosi dalla collaudata struttura da biopic tanto cara ad Hollywood.
Il film si ambienta subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale a San Giovanni Rotondo, piccolo paesino pugliese, in cui si trova il monastero dove Padre Pio andò in pellegrinaggio in giovane età. Ferrara decide da subito di dare grande importanza al precario assetto sociopolitico della cittadina che, con la fine della Prima Guerra Mondiale e il conseguente rientro dei reduci, subirà una profonda scissione ideologica.
È proprio in questo approfondimento degli equilibri sociali del piccolo paesino pugliese che il film inizia a scricchiolare, a causa di una narrazione generalmente sbilanciata. Infatti, dei centoquattro minuti di visione necessari prima di alzarsi dalla poltroncina del cinema, pochissimi sono dedicati alla figura di Padre Pio, il quale viene continuamente messo da parte a favore della vicenda politica. Una vicenda che, oltretutto, appare costantemente poco ispirata: la resa narrativa del conflitto ideologico tra reduci e socialisti, vive di interminabili ripetizioni delle stesse dinamiche, risultando alquanto macchiettistica e francamente noiosa.
Come se non bastasse, sono proprio le sequenze con protagonista Padre Pio ad averci lasciato maggiormente perplessi, non tanto per l’ottima interpretazione di Shia LaBeouf, quanto per l’assenza di un vero e proprio percorso spirituale con cui coinvolgere lo spettatore. Anche in questo caso infatti, assistiamo ad una costante reiterazione delle medesime sequenze, che non conoscono una vera e propria evoluzione a livello drammaturgico, ma al contrario lasciano allo spettatore un’insaziabile sensazione di vuoto.
A convincere poco è anche il timido dialogo tra i due piani narrativi, con un Padre Pio sostanzialmente slegato dalle vicende cittadine, alle quali rimarrà tendenzialmente estraneo per l’intero svolgimento della trama. Sfortunatamente anche a livello tecnico la pellicola di Ferrara non brilla, principalmente a causa di una fotografia a dir poco bipolare e di una regia generalmente piatta, che diviene semplicemente confusa nelle sequenze più concitate. In definitiva, tanto ad una disamina delle singole componenti, quanto ad uno sguardo complessivo, è evidente come Padre Pio di Abel Ferrara sia un esperimento poco riuscito, dal quale sembra salvarsi soltanto una dignitosa interpretazione di Shia LaBeouf, tragicamente inserita in un disarmonico contesto filmico.