Perry Mason recensione della serie TV ideata da Ron Fitzgerald e Rolin Jones con Matthew Rhys, Tatiana Maslany, Shea Whigham e John Lithgow
A quasi trent’anni dalla conclusione dell’ultima incarnazione seriale, HBO lancia Perry Mason (2020 – in onda) dando nuovamente lustro all’ormai leggendaria figura dell’omonimo avvocato losangelino. Ideato dalla penna di Erle Stanley Gardner negli anni Trenta; non si sbaglia nel dire “un Perry Mason per tutte le stagioni” e le decadi. Dai romanzi di Gardner ai lungometraggi degli anni Trenta sino alla serie TV originale degli anni Cinquanta; e ancora il revival degli anni Settanta e i film per la televisione degli anni Novanta.
Letteratura, cinema e serialità, il compito di HBO, in tal senso, è certamente dei più impegnativi. Cosa poter dire di più su di un personaggio che negli anni è stato oggetto di molteplici riletture. Eppure già dall’apertura di racconto risulta chiaro come con Perry Mason, HBO abbia le idee chiare su come voler interpretare il personaggio di Gardner.
Quella compiuta dal colosso americano infatti, è quella che potremmo definire, un’incursione del cinema del nuovo millennio nel noir, e in tutto quel immaginario collettivo popolato dei Marlowe di Bogart e Mitchum; del cinema di Billy Wilder, Howard Hawks e Jacques Tourneur; delle femme fatale come Veronica Lake e Lauren Bacall.
In tal senso quindi, la rilettura della serie prodotta dal Team Downey di Robert Downey Jr. e Susan Downey e ideata da Ron Fitzgerald e Rolin Jones opera mostrandoci un Perry Mason giovane e caparbio – non ancora avvocato ma investigatore privato scapestrato. Un’innovazione quindi, con cui mostrarci un’atipicità nei procedural drama – genere notoriamente inflazionato da prodotti seriali e filmici di ogni tipo. L’originalità di Perry Mason però ha convinto critica e pubblico tanto che – concepita inizialmente come mini-serie da 8 episodi – nel Luglio 2020 è stata rinnovata per una seconda stagione.
Nel cast di Perry Mason, in onda su Sky Atlantic dal 11 settembre 2020, figurano Matthew Rhys, Tatiana Maslany, Shea Whigham, Juliet Rylance, Chris Chalk e John Lithgow.
Perry Mason: sinossi
Los Angeles, 1931. In una notte buia e tempestosa, un bambino di nome Charlie Dodson viene rapito e ucciso. Il veterano di guerra Perry Mason (Matthew Rhys), investigatore privato che vive alla giornata tra pedinamenti e fotografie vendute ai giornali. L’avvocato E.B. Jonathan (John Lithgow) – che nel frattempo lo sta difendendo in una causa – lo assume come investigatore per scoprire la verità sul piccolo Charlie.
Coadiuvato da Della Street (Juliet Rylance), l’assistente di Jonathan, Mason il suo socio Pete Strickland (Shea Whigham) inizieranno un’indagine che punta alla verità – seguendo ogni possibile pista come dei segugi – e usando ogni, possibile, mezzo necessario. L’indagine di Mason e Strickland infatti, produrrà effetti catastrofici nella città di Los Angeles. A partire dallo svelare della papabile corruzione nel LAPD, sino all’aumentare dell’esposizione mediatica del caso Dodson a opera della predicatrice evangelica Sorella Alice (Tatiana Maslany).
Da Raymond Burr a Matthew Rhys
È un personaggio classico Perry Mason – per non dire classicissimo. La sua prima apparizione risale al 1933 nel romanzo Perry Mason e le zampe di velluto. Da allora un’escalation che ha portato il combattivo avvocato losangelino – con spiccate doti investigative da detective – a essere il protagonista di oltre ottanta opere letterarie tra romanzi e racconti. E non solo, chiaramente, perché larga parte delle fortune derivate dal personaggio ideato da Gardner, sta negli adattamenti cinematografico-televisivi.
Risale al 1934 la tradizione filmica di Perry Mason, a partire da Il lupo scomparso di Alan Crosland con Warren William come protagonista. Primo volto del celebre avvocato che creerà un mini-ciclo di quattro pellicole dal 1934 al 1936 conclusosi con L’uomo ucciso due volte di William Clemens. Nel giro di due anni si susseguiranno ben due volti; Ricardo Cortez ne Il mistero del gatto grigio (1936) e La vittima sommersa, con Donald Woods; tutte pellicole di caratura modesta comunque.
Mentre la produzione letteraria procederà copiosamente sino agli anni Ottanta, per rivedere nuovamente Perry Mason sullo schermo – piccolo o grande che sia – ci vorranno ben vent’anni. La serie originale (1957-1966) ha contribuito a rendere iconico il personaggio; grazie anche al volto di Raymond Burr. Plasmato a sua immagine e somiglianza, il Mason di Burr vive sullo schermo per ben nove stagioni contribuendo così a porre le basi del procedural-legal drama per come oggi lo conosciamo.
Il successo di Burr sarà clamoroso, tanto che dopo il fallimento della serie reboot de The New Perry Mason (1973-1974) con Monte Harkham come protagonista; Burr – che nel frattempo è stato anche Ironside (1967-1975) tornerà a vestire i panni del “suo” personaggio, in un ciclo di film per la televisione dal 1985 al 1993. Appena sfiorato da Robert Downey Jr, per poi scegliere le più “comode” vesti produttive – rimandando a un domani il ritorno sul piccolo schermo; toccherà adesso a Matthew Rhys dar gloria a un personaggio storico come Perry Mason – e da quanto abbiamo potuto vedere nei primi episodi della serie HBO, il risultato è dei più ammirevoli.
Perry Mason: un’esemplare rilettura del cinema noir
Un ricatto; una valigetta gonfia di denaro; una corsa verso il treno tra dettagli e semi-soggettive; ecco, l’innovazione parte proprio da qui. Con Perry Mason infatti, si rileggono i topoi alla base del genere noir, in chiave contemporanea; laddove infatti negli anni Quaranta avremmo visto un campo medio o forse lungo per dar spazio ai protagonisti, oggi è una semi-soggettiva e un montaggio veloce a portarci al centro del conflitto. Quel che colpisce, soprattutto, sono i toni forti, a partire da un evento luttuoso che difficilmente nel cinema ci viene mostrato; ma che nel 2020 diventa innovazione narrativa. Nulla comunque che non si sia già visto tra Castle e Bones.
Perry Mason procede così nel mostrarci il Mason di Rhys e lo Strickland di Whigham, in un pedinamento ad arte reso possibile da una regia curata; tale sequenza risulta funzionale sia per allargare le maglie del contesto scenico, che nel presentarci la coppia di protagonisti. Caratterizzazioni semplici, ben calibrate, essenziali; valorizzate da una dinamica relazionale fatte di battute brillanti di un elemento dialogico dal ritmo netto.
Con una simile mole narrativa, Perry Mason non si limita unicamente all’aspetto tipico del cinema di genere. Procedendo così nel mostrarci anche il privato del Mason di Rhys tra la penombra di un appartamento illuminato da una singola, unica, fioca lampadina, e una fattoria vicino a un aeroporto – con cui delineare nuove dinamiche relazionali. Un’atipicità narrativa “di genere” che permette a Perry Mason di dipingere un ritratto a tutto tondo del protagonista tra macchie di mostarda sulla cravatta, risposte pronte e brillantezza caratteriale.
Espediente con cui Perry Mason procede nella costruzione dell’identità del Mason di Rhys delineandone background familiare, caratterizzazione psicologica, vizi e virtù; oltre, chiaramente, all’immancabile ricerca di strade trasverse rispetto a quelle abituali della giustizia.
HBO colpisce ancora
Tra topoi riletti e atipicità narrative, Perry Mason si caratterizza soprattutto per una spiccata punta di macabro nel raccontare degli eventi delittuosi. Un voyeurismo quasi hitchcockiano che ben si sposa con l’accezione scenica del ruolo d’investigatore. Una tipicità che trova conferme nello sguardo che interpreta la realtà per mezzo della macchina fotografica, indugiando nel buio della notte nel cogliere effusioni sessuali; e ancora nella cinepresa che tra primi e primissimi piani indugia ora nel corpo di un cadavere e nel particolare di un occhio cucito, ora nello sguardo atterrito del Mason di Rhys.
Peccando forse un po’ in una fotografia sempre “troppo” pulita e che invece il suo uso sporco ha fatto la storia “del genere” negli anni; Perry Mason è senza dubbio tra le più belle novità seriali. In un’annata dove il cinema è andato a depotenziarsi per ovvie ragioni sanitarie; la serie HBO – un po’ come la miniserie Il complotto contro l’America (2020) – conferma la bontà delle grandi narrazioni a cadenza settimanali e dei grandi interpreti.