Physical recensione serie TV di Annie Weisman con Rose Byrne, Rory Scovel, Dierdre Friel, Della Saba, Lou Taylor Pucci, Paul Sparks e Ashley Liao diretta da Craig Gillespie, Liza Johnson e Stephanie Laing
Che il sogno americano fosse un’accurata operazione di marketing istituzionale, siamo arrivati lentamente a capirlo anche nel vecchio continente. È un processo che richiede tempo e pazienza per via di una proposta culturale, specialmente audiovisiva, che risente pesantemente dell’estetica a stelle e strisce. Basti pensare che, solo nel 2019, i film statunitensi hanno portato il 65,1% degli incassi dei cinema italiani dominando schermi e botteghino e sbaragliando la concorrenza del resto del mondo – Italia inclusa.
Eppure molti dei prodotti che consumiamo avidamente raccontano in maniera puntuale e spesso brutale le crepe dietro il mito del self-made man e della terra dove tutto è possibile se si ha la volontà di renderlo tale. Prendete Physical, la nuova serie creata da Annie Weisman per conto di Apple TV+ e tagliata su misura della protagonista Rose Byrne. Nell’assolata San Diego degli anni Ottanta c’è posto per una storia che metta sotto i riflettori il disincanto e la vacuità di una società in preda a una perenne crisi di nervi. Lo svolgimento è affidato ad una protagonista femminile, Sheila, alle prese con un arco narrativo che parte dalla brava mogliettina casalinga fino ad arrivare alla macchina da soldi indipendente/guru del fitness on demand.
Non tutto questo percorso si compie nella prima stagione dello show diretto da Craig Gillespie (I, Tonya, Crudelia), ma la traiettoria individualistica è segnata e puntellata nel corso dei dieci episodi di mezz’ora di cui si compone la serie. Nella melma di una società arrivista e senza scrupoli, è il momento anche per le donne di adorare il dio denaro e ingraziarselo a tutto i costi. I personaggi femminili di Physical sono tutto tranne che figurine: sono il centro gravitazionale della serie, sono frustrate e non hanno nessun bisogno di compiacere chi guarda. È ammirevole come non ci sia la peggior retorica femminista in un racconto che mette al centro soltanto le donne e i problemi che la società maschilista e capitalista ha creato loro.
Annie Weisman sembra aver colto nel segno senza cavalcare le pericolose onde generate dalla commistione di tematiche di genere e politicamente corretto. Physical è contemporaneamente patinata e urticante, la gente che la abita nel corso degli episodi è tanto pacifica quanto cannibale, le donne messe in primo piano ambiziose e in attesa di una profonda disintossicazione. È per questo che la voice over della Byrne puntualmente interviene a bastonare le angherie di una realtà in cui si annaspa giorno dopo giorno a causa di una solitudine indotta culturalmente e socialmente. Il corpo è l’unico campo di battaglia che sembra poter dare una spallata all’establishment e in cui potersi sentire finalmente libere. O, in attesa di una nuova stagione, il nuovo agente patogeno destinato a contaminare un sistema tendente all’autodistruzione.
Una start-up di videocassette con cui insegnare alle casalinghe comodamente a casa come rendere il corpo tonico a suon jumping jack e copioso sudore è la diabolica rappresentazione di come la vita sia viziata dall’ambiente circostante che ci chiede di essere felici anche se siamo pieni di pattume. Dentro e fuori.