Pinocchio recensione del film di Matteo Garrone con Roberto Benigni, Gigi Proietti, Federico Ielapi, Rocco Papaleo, Marine Vacth e Massimo Ceccherini
Fare una trasposizione cinematografica del Pinocchio di Collodi non era facile. Tantissimi sono stati i tentativi e tutti, o quasi, sono falliti. Perché? Perché la storia delle avventure di Pinocchio, il burattino che sognava di diventare un bambino vero, senza un lavoro di riscrittura totale, come per il Pinocchio di Walt Disney, è impresa praticamente impossibile. Per restituire attraverso le immagini quel realismo “fantastico” di cui è pregno il racconto di Collodi, l’alternarsi di sfumature cupe e goliardiche o il continuo innalzarsi e abbassarsi del ritmo narrativo fra un episodio e l’altro, serve una sensibilità e un pizzico di geniale follia non facile da ritrovare.
Eppure Matteo Garrone è riuscito a rendere tutto questo alla perfezione. Non stiamo dicendo che si tratti di un film perfetto. Anzi, ma in confronto al risultato finale dell’opera sarebbe un vezzo stare qui ad evidenziare dei difetti che non intaccano la piacevolezza della visione. In una sceneggiatura che il regista romano e Massimo Ceccherini, co-sceneggiatore oltre che interprete, cercano in tutti i modi di mantenere fedele al racconto originale – con buona pace di chi pretende una narrativa dai ritmi serrati anche dalla trasposizione di una fiaba suddivisa in episodi e dalla storia editoriale non proprio lineare – le atmosfere cupe che il burattino più famoso del mondo attraversa sono rese perfettamente da una fotografia sempre eccezionale e da un lavoro scenografico curatissimo.
Va evidenziato il lavoro eccezionale che Mark Coulier, già vincitore di due premi Oscar, Jessica Brooks e tutto il reparto makeup sono riusciti a fare sul giovane Federico Ielapi, ma anche su tutti i personaggi antropomorfi. Infatti, per questo Pinocchio, ha voluto usare gli attori in carne ossa, senza l’utilizzo quindi di motion capture o CGI. L’effetto di questo lavoro, che sottolineiamo ancora una volta come eccezionale, dà alla pellicola quell’effetto di realisticità del “fantastico” che si sposa perfettamente con la storia di Collodi.
Eccezionale è anche la prova del cast. Federico Ielapi è un Pinocchio convincente al cento per cento, così come Alida Baldari Calabria e Alessio Di Domenicantonio rendono merito, rispettivamente, ai personaggi della Fata Turchina bambina e di Lucignolo. Senza considerare la prova del duo Papaleo–Ceccherini nei panni del Gatto e la Volpe: la miseria, non solo materiale, che traspare dalle due maschere è ironica e disperata insieme, portando lo spettatore a provare pena e compassione per due personaggi assolutamente spregevoli.
Un paragrafo a parte merita il Geppetto di Roberto Benigni. Lontano dal grande schermo da ormai 7 lunghi anni – l’ultima apparizione nel non fortunatissimo film di Woody Allen, To Rome With Love – c’era un po’ di scetticismo attorno al suo ruolo. Un pregiudizio nato anche a causa del dimenticato e dimenticabile Pinocchio diretto e interpretato dallo stesso Roberto Benigni nel 2002. Invece, sotto la direzione di Garrone, il suo Geppetto, seppur non perfetto, è un personaggio assolutamente credibile nel contesto creato ad arte dal regista.
Insomma, con una regia solida e un lavoro di produzione ben concepito, Garrone ci regala un’altra piccola perla assolutamente imperdibile, di certo la miglior trasposizione cinematografica del racconto di Collodi. Una fiaba a tinte dark per tutta la famiglia che per 125 minuti, con una narrazione semplice e lineare, ci porta a vivere uno spettro di emozioni in continua evoluzione, trasformando noi stessi da semplici burattini a bambini veri.