Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo recensione film di Lili Horvát con Natasa Stork, Viktor Bodó, Benett Vilmányi, Zsolt Nagy, Péter Tóth e Andor Lukáts
Márta Vizy (Natasa Stork) e Drexler Janos (Viktor Bodó) si incontrano in un congresso medico nel New Jersey e si danno appuntamento nel loro paese natio, su un ponte a Budapest. Il loro incontro però sembra destinato a non avverarsi. Ritornati in terra magiara qualcosa cambia in Drexler: l’uomo non si presenta all’appuntamento e, quando Márta lo rintraccia; non riesce a riconoscerla, a stento abbozza uno sguardo.
Com’è possibile che un uomo dimentichi così in fretta una donna conosciuta da poco tempo? Márta ha forse immaginato diversamente Drexler o c’è dell’altro?
Il secondo film diretto da Lili Horvát – presentato alle Giornate degli autori del 2020 ed ora nelle sale grazie a Cineclub Internazionale – rientra perfettamente in quel novero ben nutrito di opere che raccontano incontri e storie d’amore ai limiti del fantastico, in cui ogni minimo dubbio attanaglia i protagonisti rendendoli fragili (ma esiste realmente la donna amata o l’uomo amato? Non è forse solo un sogno?).
Sembrerebbe l’ennesima storia di fantasmi innamorati (ed idealizzati) ad un primo sguardo, ma Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo rimane ancorato alla realtà anche nel contesto più fantastico del racconto.
Quello a cui assistiamo, seppur a tratti surreale, ci appare come concreto e plausibile ed è qui che la più grande menzogna del cinema prende forma: illudere lo spettatore circa l’esistenza di un mondo senza filtri (anche nella “vita vera” esistono, ma non è questo il punto), quando in realtà non è così.
I due protagonisti per quanto realistici fanno parte di una finzione e questo non fa altro che scatenare un cortocircuito devastante. Merito della fantasia artistica o di un mondo che ormai è sempre più artefatto da immagini belle ma finte? Difficile trovare delle risposte a questi quesiti
La Horvát con questo ultimo lavoro ha il merito di rendere molto personale il racconto, non appesantendolo mai, nemmeno nelle battute conclusive nelle quali si potrebbe avvertire una forzata ripetitività degli eventi. È facile riscontrare analogie con alcuni degli ultimi film di autori come Christian Petzold con La donna dello scrittore e Undine o Alexandre Koberidze con What Do We See When We Look at the Sky?.
Questo lungometraggio però prende una strada del tutto nuova. Un supporto in questo senso è dato dai due attori protagonisti, che si sono calati perfettamente nelle proprie parti, soprattutto Natasa Stork grazie al suo volto magnetico ed imperscrutabile: sembra quasi di vedere un’attrice hollywoodiana degli anni ’30 con la sua espressività e la sua presenza scenica.
L’opera risulta interessante per come pone gli attori al centro della scena. Grazie alle inquadrature ognuno di loro sembra essere disorientato e fuori dalla narrazione, tanto da manipolare lo spettatore e far pensare che stiano vivendo una propria realtà disgiunta dal contesto. Solo nel finale, grazie all’innamoramento, i due protagonisti si uniranno e forse vivranno in un unico universo.
La regista ungherese ha un buon gusto estetico ed è capace di raccontare per immagini una trama all’apparenza semplice, ma mai banale, dove la passione e l’intrigo sono gli elementi fondanti su cui si basa l’intera storia.
Lili Horvát sta già ricevendo apprezzamenti in tutti i festival europei più prestigiosi, ma siamo fiduciosi che ben presto arriverà una chiamata da Hollywood. Una regista dal tocco così delicato e poetico deve avere tutte le opportunità che merita.