A Siena, poco lontano da Piazza del Campo, sulla quale si sta svolgendo il Palio, M e James Bond interrogano il misterioso Mr. White, ignari del fatto che Quantum, l’organizzazione criminale che finanziava i traffici di LeChiffre, ha occhi e orecchie ovunque.
Tracciando i movimenti di denaro contante, 007 rintraccia un finto geologo di Haiti, ne assume l’identità ed entra così in contatto con una donna, Camille Montes, ed il suo amante, Dominic Greene. Noto imprenditore impegnato in campo ambientale, Greene lavora in realtà per Quantum come agente specializzato nella realizzazione di golpe in America Latina, con la connivenza della CIA. Bond, con la collaborazione dell’agente Fields, cerca vendetta.
Il nuovo corso di James Bond dava la possibilità ad Eon Production di esplorare nuove vie, compreso ciò che non era mai stato fatto nei ventuno episodi precedenti: un sequel diretto dell’ultimo episodio.
Riprendere la storia esattamente da dove Casino Royale l’aveva lasciata era un’idea stranamente innovativa e vantaggiosa dal punto di vista pratico: il successo della prima avventura di Daniel Craig aveva spinto la Sony Pictures a richiedere un nuovo episodio a tempo di record, e non dover inventare una storia nuova completamente da zero era una scorciatoia gradita.
Neil Purvis e Robert Wade si misero immediatamente al lavoro per chiudere i molti punti lasciati aperti dal film precedente, e cercare di dare a James Bond quel minimo di sollievo (Quantum of Solace, dal titolo di un racconto nella raccolta For Your Eyes Only) che sarebbe derivato dal conoscere la verità su Vesper Lynd.
Roger Michell, regista di Notting Hill, aveva declinato l’invito a dirigere Casino Royale, ma sorpreso dal risultato ottenuto da Martin Campbell, si dichiarò interessato a girare il sequel.
Meno colpito dal nuovo script di Purvis e Wade, propose un suo soggetto, scritto con la fugace collaborazione di Ted Griffin, autore della sceneggiatura dell’Ocean’s Eleven di Steven Soderbergh.
La sua nuova proposta non piacque, e le scadenze imposte da Sony si avvicinavano: di fronte alla richiesta di iniziare le riprese prima di avere uno script completato, Michell non se la sentì, e si tirò indietro.
Si dovette così ricominciare dalla ricerca di un nuovo regista: come per Die Another Day, si fece il nome di Tony Scott, assieme a quelli dell’Australiano Alex Proyas (che aveva realizzato Il corvo e, da poco I, Robot con Will Smith), l’Americano Jonathan Mostow (che aveva preparato Terminator 3 e di lì a poco avrebbe realizzato Hancock, con Will Smith), e lo Svizzero-Tedesco Marc Forster. Il curriculum di Forster poteva vantare esperienze variegate: Il cacciatore di acquiloni, il curioso Stranger than Fiction, il fanta-biopic Finding Neverland, e Monster’s Ball, che aveva fruttato l’Oscar ad Halle Berry. Il regista aveva conosciuto Barbara Broccoli proprio grazie all’attrice, che lo aveva invitato ad un party organizzato durante le riprese di Die Another Day.
Inizialmente non troppo interessato a raccogliere la sfida, Forster si fece infine convincere, chiedendo a sua volta una ri-scrittura del copione di Purvis e Wade. Come per il film precedente, venne interpellato Paul Haggis, che, pure, si mostrò riluttante, ma ricevette un’offerta che lo convinse a prestare la sua opera.
La necessità di tutte queste opere di convincimento, tuttavia, non facevano presagire benissimo per la realizzazione del film.
Haggis aggiunse alla sceneggiatura le critiche al governo americano e l’idea dell’acqua come risorsa politica (che, invero, ci ricorda il Chinatown di Roman Polanski del 1974), e scrisse diverse stesure, prima di essere obbligato a ‘lasciare cadere la penna’ dallo sciopero degli sceneggiatori del 2007: gli autori che appartenevano ai sindacati della Writers Guild of America protestarono rivendicando diverse cause – prima fra tutte il riconoscimento di royalties per le nascenti riproduzioni digitali – e bloccarono le produzioni cinematografiche e televisive americane per 14 settimane.
Ci fu un’ulteriore riscrittura ad opera di Joshua Zetumer (che più tardi scriverà il RoboCop di José Padilha), ma la sceneggiatura del ventiduesimo film di James Bond non venne mai davvero terminata, lasciando Forster ed il suo protagonista Daniel Craig con la grana di dover completare, in qualche modo, una parvenza di prodotto finito.
Questo spiega le numerose lacune nella storia, e le due conversazioni che il protagonista ha con i cattivi… lontano dalle cineprese: il film si guarda bene dallo svelarci i contenuti di questi incontri. Se Bond li ha trovati soddisfacenti, al pubblico dovrebbe bastare. Che sia per giocare a fare i misteriosi o per mancanza di vere risposte, restiamo increduli davanti alla poca onestà della sceneggiatura.
E se la trama non dimostra rispetto per il pubblico, l’azione non è da meno: Forster, conscio di non essere un regista d’azione, arruolò a capo della seconda unità Dan Bradley, che aveva ricoperto ruoli analoghi in The Bourne Supremacy e The Bourne Ultimatum, e portò a 007 lo stile di quei film. Ne risultano scene la cui concitazione, montaggio frenetico e focus sui dettagli non consentono di seguire gli avvenimenti: un assalto ai sensi dello spettatore che resta disorientato e vagamente nauseato dall’energia cinetica sprigionata sullo schermo.
Notevolmente migliori sono le scene che permettono ai personaggi di prendere una boccata d’ossigeno, quali il viaggio notturno che Bond intraprende assieme al redivivo Mathis (di nuovo Giancarlo Giannini): uno dei pochi momenti in cui traspare un legame tra due personaggi, burrascoso forse ma credibile, e permeato di rispetto reciproco.
L’altra relazione, appena accennata, è quella con Camille Montes (l’ancora poco conosciuta, all’epoca, Olga Kurylenko), agente segreto boliviano che, una volta di più, rappresenta la controparte femminile di James Bond: i due, entrambi animati da un desiderio di vendetta, trovano reciproca comprensione, consentendo a 007 l’unico vero sprazzo di umanità in una storia che lo riporta altrimenti ad essere rocciosa macchina di morte.
Meno riuscito è il tentativo di delineare M (Judi Dench) come figura materna per 007: nonostante una battuta che rende esplicita questa velleità, il rapporto tra i due è ancora spigoloso (giustamente: la relazione è la stessa che in Casino Royale), ma la dinamica composta dalle fasi (1) M non si fida/ (2) Bond viene estromesso/ (3) Bond viene riammesso nel grembo dell’MI 6, al terzo film consecutivo, sta diventando trita e manca di convinzione.
Non particolarmente azzeccato è il casting di Mathieu Amalric nel ruolo di Dominic Greene (nome, peraltro, banalissimo per indicare un personaggio francese ed ecologista): l’attore, salito alla ribalta grazie a Lo scafandro e la farfalla di Julian Schnabel, sostiene di aver voluto interpretare un villain moderno, ‘con il sorriso di Tony Blair e la stravaganza di Sarkozy’, ma dà vita ad un personaggio costantemente sopra le righe, animato da un modo di fare costantemente viscido che lo rende poco credibile come imprenditore dalla facciata rispettabile.
Untuoso, come si confà ad un aspirante nuovo Goldfinger (Oilfinger?) responsabile della morte dell’agente britannico Fields (nome di battesimo: Strawberry, rivelato solo nei titoli di coda, interpretata dalla sempre amabile Gemma Arterton), ricoperta di petrolio, via di mezzo tra Jill Masterson in Goldfinger e quegli uccelli avviluppati nel greggio nelle fotografie che illustrano disastri ecologici.
Quantum of Solace manda peraltro un ambiguo messaggio anti-ecologista nel presentare come fasullo non solo l’imprenditore ‘verde’, ma anche gli effetti dei cambiamenti climatici (la siccità che, si scoprirà, è invece dovuta alle macchinazioni dell’organizzazione).
Privo di idee o forse timoroso di averne, Quantum of Solace, più che il dichiarato seguito di Casino Royale finisce per esserne un’appendice, un tentativo raffazzonato giustificato dalla necessità di chiudere i punti lasciati in sospeso e completare – se ce ne fosse stato bisogno – il percorso di formazione di James Bond: più breve del solito e tuttavia gonfiato più a lungo del necessario, ricorda quei compiti in classe in cui vi dovevate sforzare a scrivere almeno tre facciate su un argomento sul quale non avevate nulla da dire.
Curiosità:
- Quantum of Solace è il primo film in cui la gunbarrel sequence è totalmente assente all’inizio della pellicola; viene invece utilizzata alla fine, appena prima dei titoli di coda
- Jeffrey Wright sopravvive nel ruolo di Felix Leiter, primo attore ad intepretare il personaggio in due film consecutivi
- il superiore di Leiter, Gregg Beam, è David Harbour, oggi noto come lo Sceriffo Hopper di Stranger Things, come Hellboy, e presto come Red Guardian in Black Widow, ma all’epoca non ancora certo che avrebbe avuto un roseo futuro da attore
- il traditore ‘Mitchell’ è interpretato da Glenn Foster, abituale controfigura di Robert Downey Jr., in Sherlock e nel Marvel Cinematic Universe
- la receptionist dell’hotel nel deserto è Oona Chaplin, nipote di Charlie
- Gemma, la compagna di Mathis, è interpretata da Lucrezia Lante Della Rovere
- nel corso della battaglia aerea, le voci dei piloti sono nientemeno che di Alfonso Cuarón e Guillermo Del Toro
- avendo realizzato il film a 39 anni, Marc Forster è il regista più giovane che un film di 007 abbia mai avuto, nonché il primo regista a non provenire da un Paese del Commonwealth
- Forster portò con sé i suoi abituali collaboratori: il Direttore della Fotografia Roberto Schaefer ed il responsabile del Montaggio Matt Cheese, nonché il collettivo di creativi *MK12 per realizzare i titoli di testa
- c’è anche un nuovo Production Designer, il Premio Oscar Dennis Gassner, abituale collaboratore dei Fratelli Coen e di Sam Mendes (cosa che tornerà utile in futuro)
Debriefing:
- vittime di Bond: 15
- vittime altrui: tra 13 e 16, a seconda di come si contano alcuni incidenti
- amoreggiamenti: 1 (Strawberry Fields)
- gadget: nessuno
- tempo trascorso nel Regno Unito: 8 minuti circa (durata totale: 1 ora e 46 minuti)
- 🇬🇧 Brit Factor 🇬🇧: 37%
- Paesi visitati: Italia, Regno Unito, Haiti, Austria, Bolivia, Russia
- the Love Boat: James Bond si allontana, da solo, a piedi. Risultato parziale: Imbarcazioni: 11, Resto del Mondo: 11
- Bond Track: il compositore David Arnold aveva iniziato a lavorare con Mark Ronson su un brano da affidare ad Amy Winehouse, ma il progetto non andò in porto a causa dei ben noti problemi dell’artista britannica. L’incarico di preparare la title track andò allora a Jack White, che scrisse Another Way to Die in coppia con Alicia Keys. La canzone, non tra le migliori a nostro avviso, accompagna i titoli realizzati, come già accennato, non dall’abituale Daniel Kleinman ma dal collettivo MK12, e segna il ritorno dei corpi femminili – mimetizzati con le dune del deserto
- riconoscimenti: la candidatura ai BAFTA per il Miglior Sonoro (vinto invece da Slumdog Millionaire) e i Migliori Effetti Visuali (che andarono ad Il curioso caso di Benjamin Button).
Classifica parziale:
- Casino Royale (2006)
- La spia che mi amava / The Spy Who Loved Me (1977)
- Agente 007 – Al Servizio Segreto di Sua Maestà / On Her Majesty’s Secret Service (1969)
- Il mondo non basta / The World is not Enough (1999)
- Agente 007 – Si vive solo due volte / You Only Live Twice (1967)
- A 007, dalla Russia con amore / From Russia With Love (1963)
- 007 – Vendetta privata / Licence to Kill (1989)
- Agente 007 – Missione Goldfinger / Goldfinger (1964)
- GoldenEye (1995)
- Agente 007 – Vivi e lascia morire / Live and Let Die (1973)
- Solo per i tuoi occhi / For Your Eyes Only (1981)
- Agente 007 – Licenza di uccidere / Dr. No (1962)
- Il domani non muore mai / Tomorrow Never Dies (1997)
- Moonraker – Operazione Spazio / Moonraker (1979)
- La morte può attendere / Die Another Day (2002)
- Agente 007 – L’uomo dalla pistola d’oro / The Man with the Golden Gun (1974)
- Agente 007 – Thunderball (Operazione Tuono) / Thunderball (1965)
- Quantum of Solace (2008)
- 007 – Zona Pericolo / The Living Daylights (1987)
- 007 – Bersaglio mobile / A View to a Kill (1985)
- Agente 007 – Una cascata di diamanti / Diamonds Are Forever (1971)
- Octopussy – Operazione Piovra / Octopussy (1983)
James Bond Non Muore Mai ritornerà in Skyfall.
Fonti: Wikipedia, lo spoiler special podcast di Empire, il libro Some Kind Of Hero* di Matthew Field e Ajay Chowdhury, IMDB, James Bond Wiki, MI-6 HQ. Il conteggio delle vittime è stato realizzato durante la visione del film e verificato con quello di All Outta Bubblegum. Il Brit Factor è un indice calcolato sulla base delle nazionalità delle persone coinvolte e sulle location del film, nella realtà e nella storia.
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