Ratched recensione serie TV Netflix di Ryan Murphy e Evan Romansky con Sarah Paulson, Finn Wittrock, Cynthia Nixon, Judy Davis e Sharon Stone
Salva una vita e sei un eroe.
Salva cento vite… e sei un’infermiera.
(Sarah Paulson in Ratched)
Ken Kesey con la sua icona anticonformista Randle McMurphy, protagonista del romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo del 1962 e del cult cinematografico omonimo di Miloš Forman – vincitore dei cinque maggiori premi Oscar al miglior film, regista, attore (Jack Nicholson), attrice (Louise Fletcher alias Mildred Ratched) e sceneggiatura non originale (scritta dallo stesso Kesey) – dipinge un quadro devozionale della libertà e dello spirito umano, sdoganando un argomento tanto triste quanto delicato: la malattia mentale, i suoi risvolti culturali, etici e sociali e gli atti criminali compiuti nei confronti dei “matti”, dagli abusi farmacologici alle violenze fisiche e psicologiche fino alle torture dell’elettroshock e alle sevizie della lobotomia.
Da uno dei maggiori successi della storia del cinema – soltanto tre film nella storia degli Oscar hanno vinto i 5 Oscar principali – Evan Romansky crea una serie televisiva che vede protagonista Mildred Ratched, la controparte femminile di Randle McMurphy in Qualcuno volò sul nido del cuculo, infermiera rigida, severa ed intransigente che, rivelandosi nel profondo crudele e avversa ai malati psichiatrici, si spinge fino a perpetrare atrocità disumane nei loro confronti.
Non è giocare a Dio decidere che ci sono sentimenti giusti e sentimenti sbagliati?
(Ratched)
Diretta e prodotta da Ryan Murphy (Hollywood) con protagonista Sarah Paulson nel ruolo che consegnò l’Oscar a Louise Fletcher per il suo inquietante personaggio, Ratched raffigura una versione di Mildred ben differente rispetto a quella filmica, differenza di caratterizzazione che dunque non va presa in considerazione ai fini del giudizio sulla serie.
La serie di Murphy e Romansky sembra almeno inizialmente riprendere le tematiche custodite dall’opera originale, con accenni al primo intervento di lobotomia da parte dello psichiatra e neurochirurgo portoghese António Egas Moniz nel 1936 e la tragedia delle vittime, anche giovanissime, martoriate e devastate fisicamente e mentalmente soltanto perché irrequiete, ansiose, malinconiche (depresse), affette da demenza o addirittura perché omosessuali, abbandonate ad un destino atroce e alle torture della “scienza medica” dalle loro stesse famiglie.
Dicono che fantastichi troppo, ma che male può fare l’immaginazione?
(Ratched)
Ratched diventa tuttavia ben presto un torture porn privo di morale ed illogico, una vacua celebrazione della violenza gratuita dove la terapia, mai verbale o strutturata, è solo un mero pretesto per mostrare torture gratuite, non per affrontare la diversità e libertà sessuale e di genere, men che meno per riprendere ed attualizzare le tematiche cruciali di Qualcuno volò sul nido del cuculo, dalle implicazioni dei disturbi mentali all’eutanasia.
Difficile francamente intercettare le motivazioni che hanno spinto gli autori ad indugiare così platealmente su un continuo sfogo di perversioni estreme e violenze fisiche e psicologiche fini a se stesse, dallo splatter delle mutilazioni all’incesto, dalla fulminazione della sedia elettrica a continue efferatezze povere di significato.
I dottori? Onestamente… a chi servono!
(Judy Davis in Ratched)
Animato da personaggi poco attraenti tra i quali l’unico interessante è la Lenore Osgood di Sharon Stone in versione Boxing Helena, Ratched non intende affrontare in maniera tangibile le implicazioni dei disturbi mentali o l’eutanasia, né la missione di angeli di carità degli infermieri, mostrando gravi carenze nella costruzione di un racconto colmo di sangue e sevizie ma povero di contenuti, aggravato da una conclusione forzata se non ridicola che apre le porte ad una seconda stagione di mostri, non nati ma creati, sul piccolo schermo.