Reflection recensione film di Valentyn Vasyanovych con Roman Lutskyi, Nika Myslytska, Nadia Levchenko, Andriy Rymaruk a Venezia 78
“Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo“. Valentyn Vasyanovych deve essere rimasto impressionato dal libro di Qoèlet prima di realizzare Reflection. Con questo film, presentato in concorso alla 78° Mostra del Cinema di Venezia, il regista ucraino sceglie di lasciar parlare gli eventi che costellano la vita nell’Ucraina dei giorni nostri, inevitabilmente influenzati dal conflitto con la Russi.
Il chirurgo ucraino Serhiy (Roman Lutskyi) è impegnato con i feriti del paese provenienti dal fronte russo prima di venire direttamente coinvolto nel conflitto ed essere catturato dalle forze militari nemiche. Torturato, umiliato, costretto ad assistere a violenze e crimini non compatibili con il concetto stesso di umanità, riesce a sopravvivere e fare ritorno dall’ex-moglie e dalla figlia per provare a ricominciare a vivere.
Il tempo di chi deve fare i conti con la guerra non scorre come quello di chi può affrontare il susseguirsi dei giorni senza un’inquietudine latente. Il regista ucraino traduce questa sensazione in inquadrature grandangolari e sequenze senza tagli che tengono lo spettatore ad debita distanza invitandolo a osservare cosa accade ad un’esistenza compromessa dall’alto. Come il drive-in che viene interrotto da un temporale rovinandone la visione.
Valentyn Vasyanovych sistema il punto macchina, dà l’azione e lascia che le cose parlino senza troppi fronzoli di un mondo crudele ma con scampoli di bellezza. Il problema nasce nel momento in cui l’esperienza emotiva che dovrebbe liberarsi nell’ampiezza dello schermo evapori senza lasciare traccia. A latere degli eventi che organizzano la progressione della storia, l’anima dei personaggi coinvolti si nasconde in continuazione dietro l’eccessivo potere concesso al linguaggio cinematografico scelto.
Reflection aspira a racchiudere l’intimità dilaniata dalla guerra in un tempo dilatato dalla necessità della riflessione e dall’elaborazione. Il risultato finale, però, si trasforma in una reiterazione visiva di un processo interiore che finisce per stancare l’occhio e la mente con la sua esasperazione, non trovando mai il tempo giusto per essere sul pezzo.