Ron – Un amico fuori programma recensione film d’animazione di Sarah Smith, Jean-Philippe Vine e Octavio E. Rodriguez presentato ad Alice nella Città
Che piaccia o meno, oggi si nasce sotto il segno dei dispositivi digitali. Magari è ancora presto per avere qualcosa di simile a Ron – Un amico fuori programma, ma il progresso impone nuove competenze e nuovi scenari con cui relazionarsi fin da quando si prende coscienza della propria esistenza. Sta finalmente entrando nel famoso immaginario comune l’idea che strumenti come lo smartphone e Internet siano la normalità di questo periodo storico. Una precisazione ancora necessaria in un mondo in completa transizione digitale, soprattutto, per chi ci dovrà fare i conti nel prossimo futuro.
È questo uno dei meriti più grandi del primo lungometraggio d’animazione dello studio Locksmith Animation, oltre ovviamente ad avere creato, con il B*Bot, il prossimo fenomeno di merchandise della Disney. Raccontare una storia futuribile, ma perfettamente radicata nel presente vuole dire riuscire a intercettare una platea con una base di giovanissimi rimanendo trasversale senza perdere efficacia.
Come si fa a resistere ad un robot con simpatici malfunzionamenti software con la voce di Lillo (Zach Galifianakis nella versione americana) che ci ricorda come niente può (ancora) sostituire gli algoritmi umani?
La difficoltà che il piccolo Barney trova in una società che ha appena scoperto questo nuovo robot, capace di essere contemporaneamente amico e intermediario di nuove amicizie è quella di tante persone emarginate dal digital divide che colpisce tanto nella realtà quanto nella finzione le fasce più fragili della popolazione. Non potersi permettere quello che tutti sfoggiano con orgoglio a scuola è un piccolo dramma che molti si saranno trovati ad affrontare. È una storia con uno spiccato carattere di universalità ma la novità, finalmente, sta nel non risolvere una storia sull’amicizia nella demonizzazione della tecnologia in favore della vita all’aria aperta e senza elettricità, ma nel mostrare come questa debba essere pensata e inserita in un tessuto sociale.
I difetti e i glitch dello strambo Ron sono la variabile impazzita che riaffermano il primato delle relazione umane senza cancellare il contributo che un device o un’intelligenza artificiale potrebbero apportare ai cambiamenti che stiamo affrontando. Il materiale di partenza rimane lo stesso, è il contesto a cambiare sulla nostra spinta e c’è ampio margine per riscriverne i protocolli di funzionamento. È giusto voler essere parte di un mondo che cambia come è altrettanto giusto voler riscriverne il codice inserendo un pizzico di umanità.
Ron – Un amico fuori programma è un inno alla contemporaneità e a un avvenire costellato di tecnologia che può essere radioso solo e soltanto se mantiene come misura i bambini e di conseguenza gli adulti che formeranno la società del domani.