Scene da un matrimonio recensione serie TV Sky di Hagai Levi con Oscar Isaac, Jessica Chastain, Nicole Beharie, Corey Stoll e Tovah Feldshuh
Jonathan e Mira sono marito e moglie da dieci anni, hanno una bambina.
Il loro matrimonio sembra equilibrato e “di successo”, ma due eventi interrompono la loro quotidianità: il sapere che una coppia loro amica, per scelta coppia “aperta”, ha problemi e l’aborto di Mira. Da qui, il rapporto viene messo alla prova e sembrerà spezzarsi.
Sembrava un atto di lesa maestà, la volontà di Hagai Levi di riprendere in mano e dirigere un remake di uno dei capolavori più celebrati di Ingmar Bergman, Scene da un matrimonio (tra i tantissimi altri esempi, il recente Storia di un matrimonio di Noah Baumbach viene da lì, e anche l’ispirazione per Mariti e mogli di Woody Allen).
E invece la serie di cinque episodi, in onda su Sky dal 20 settembre e in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia, è una sorpresa e una conferma.
Una conferma
Hagai Levi è autore di In Treatment, una serie tv originariamente israeliana, che nella sua versione statunitense ha visto Gabriel Byrne nei panni di uno psicoterapeuta, ed ogni episodio mostrare una seduta con un paziente diverso, uno per ogni giorno della settimana. Con due protagonisti a puntata in uno spazio chiuso (lo studio del medico), l’impianto è chiaramente teatrale, ma il fascino della serie è tale da farla arrivare a quattro stagioni -l’ultima attualmente in onda su Sky – e anche una riduzione italiana con Sergio Castellitto. Ma la cosa più importante è che In Treatment si concentra sull’importanza della parola: dialoghi fitti che costringono il regista a sperimentare e gli attori a recitare con un flusso di coscienza.
Anche la serie successiva di Levi, The Affair, mette al centro del discorso le relazioni sentimentali e la parola: protagonisti una coppia in crisi, che attraversa vari momenti e la cui storia in ogni episodio delle cinque stagioni viene mostrata e raccontata, quindi vista, da un punto di vista differente.
Scene da un matrimonio è la figlia diretta, allora di In Treatment e The Affair. Ogni episodio, un dialogo fitto tra i due attori in uno spazio chiuso, che però questa volta sono anche marito e moglie in uno studio approfondito sul senso profondo del matrimonio e quindi dell’amore, anzi dell’atto di amare.
E soprattutto, una sorpresa
Perché gli adattamenti sono pericolosi, terreno scivolosissimo per sceneggiatori e registi.
Scene da un matrimonio (Scener ur ett äktenskap) era in principio un progetto per la televisione di Bergman del 1973, per la durata di 281’ divisi in sei capitoli. Levi manipola la durata, e il suo Scene da un matrimonio diventa una serie di 200’ e cinque episodi. Anche la storia subisce lievi cambiamenti, e probabilmente è qui che Levi ha dato il meglio nella scrittura.
Parlare di matrimonio oggi potrebbe sembrare inattuale e abusato, molto meno farlo relazionandolo con l’evoluzione delle coppie oggi.
Il poliamore, la consulenza coniugale, ma anche l’aborto, la parità dei ruoli, la fecondazione in vitro e la genitorialità elettiva, l’affido condiviso, la famiglia allargata: un materiale esplosivo, che Levi decide di trattare attraverso i dialoghi di marito e moglie che si ritrovano in crisi dopo dieci anni di un rapporto che sembrava di successo.
Levi sposta il baricentro dall’uomo alla donna: se nell’originale di Bergman a decidere di lasciare il coniuge, quindi a dare il via alla storia, era il marito Erland Josephson, questa volta è la moglie Jessica Chastain, invertendo di fatto i ruoli che vedevano Liv Ullmann donna tradita e adesso Oscar Isaac uomo disilluso.
L’adattamento è allora indolore, acquistando spessore e credibilità in alcuni passaggi: certo che Levi non raggiunga i risultati formali di Bergman, ma Isaac e Chastain sono talmente impregnati degli umori dei loro personaggi che Scene da un matrimonio diventa realmente una seduta di terapia.
Sfiancante, opprimente, malinconica, lacerante: la visione dei cinque episodi quasi uno di seguito all’altro, così come predisposta a Venezia 78, restituisce il senso emotivo dell’opera, mostrando un regista e uno sceneggiatore in stato di grazia (Hagai Levi), e due attori di monumentale intensità.
Che a tratti sembrano davvero avvicinarsi al senso profondo, desolante, potente e misterioso dell’amore.
Credi che viviamo in una totale confusione? Credi che dentro di noi si abbia paura perché non sappiamo dove aggrapparci? Non si è perso qualcosa di importante? Credo che in fondo c’è il rimpianto di non aver amato nessuno e che nessuno mi abbia amato.
(Scene da un matrimonio)