Sei Fratelli recensione film di Simone Godano con Riccardo Scamarcio, Adriano Giannini, Gabriel Montesi, Valentina Bellè, Claire Romain,Linda Caridi e Gioele Dix [Anteprima]
Ammettiamolo… il nostro paese è un terreno fertile per il genere del dramma familiare e non soltanto perché è sorprendentemente semplice per gli italiani riconoscersi nelle dinamiche rappresentate, ma anche e soprattutto a causa di una serie di trascorsi socio-politici ormai sedimentati nella nostra cultura, da sempre caratterizzata da una particolare considerazione del concetto di nucleo familiare.
La creatura famiglia è stato oggetto di studio da parte di tanti che hanno tentato, più o meno efficacemente, a tratteggiarne i segni distintivi.
Con il cinema d’autore del secondo novecento e successivamente con quello romantico e popolare più recente, il tema è stato più volte sviscerato permettendo una fruizione più capillare e diffusa all’interno del tessuto sociale nostrano
Se è vero che il tema permette di catturare l’attenzione anche dello spettatore più smaliziato, ci chiediamo quanto sia sostenibile sul piano editoriale il concepimento di una commedia drammatica a sfondo familiare, alla luce della smisurata quantità di prodotti simili sfornati dall’industria cinematografica italiana nel corso dell’ultimo trentennio.
La Groenlandia, casa di produzione di Rovere e Sibilia, parrebbe non essersi posta tale dilemma, poiché, almeno ad uno sguardo approssimativo, Sei Fratelli di Simone Godano sembra un erede sin troppo coerente di tale tendenza dell’industria cinematografica.
La sceneggiatura di Godano (anche regista) e Luca Infascelli ruota intorno ad un nucleo narrativo dall’indubbio fascino: l’eredità di un padre assente.
Nonostante basti leggere il soggetto del lungometraggio per ritrovarsi invasi da una spiacevole sensazione di già visto, bisogna riconoscere il tentativo di sviluppare questo dramma borghese su binari sinora inesplorati. La sensazione restituita, tuttavia, è che ci si sia appoggiati eccessivamente alla piacevole chimica manifestata in scena dal cast e alla bontà di una sceneggiatura tanto elementare, quanto efficace.
Il risultato è che Sei Fratelli si fa guardare con sorprendente gradevolezza ma, se vi aspettavate di assistere a un dramma borghese dagli esiti narrativi inediti o dallo svolgimento innovativo, è probabile che rimarrete delusi.
Vi è comunque da specificare che, al netto delle innegabili similitudini generate dal nucleo tematico, il vero e proprio registro espressivo adottato da Godano e colleghi si allontana con convinzione da alcuni degli esponenti più noti del genere. Infatti, gli accostamenti compiuti dalla stampa specializzata nei confronti delle opere di Gabriele Muccino – notoriamente caratterizzate dall’adozione di un costante over acting (i fantomatici dialoghi urlati tipici dei suoi film) – risultano poco puntuali, poiché Godano rifiuta con convinzione il registro teatrale, sposando a pieno un approccio più vicino alla commedia realista d’oltralpe.
È così che, la ricerca di nuovi binari su cui far scorrere questo affabile dramma borghese si rileva compiuta soltanto in parte, poiché, almeno per quanto gli esiti filmici di Sei Fratelli, la destinazione raggiunta assomiglia sin troppo a quelle incontrate in precedenza, nonostante l’apprezzabile tentativo di modificare parte del percorso.