Separated

Separated recensione film di Errol Morris [Venezia 81]

Separated è il nuovo documentario di Errol Morris nel quale affronta lo spinoso tema della separazione tra genitori e figli messicani

Separated recensione film di Errol Morris con Gabriela Cartol, Diego Armando, Lara Lagunes Jonathan White

Per tracciare le linee guida che compongono tutto l’arco narrativo di Separated, nuovo documentario del regista Errol Morris, bisogna fare un passo indietro e ricominciare dalla fine del suo precedente film, ovvero sia American Dharma, poiché quello presentato alla Mostra del cinema di Venezia è a tutti gli effetti un seguito spirituale.

Una sorta di continuazione di un discorso già avviato: raccontare gli Stati Uniti attraverso le voci dei veri protagonisti delle vicende, cercando di non mettere nessun filtro nelle conversazioni proposte.

Infatti se in American Dharma avevamo il racconto di Steve Bannon, uno stratega politico ed ex sostenitore di Donald Trump, che metteva in luce le pericolosità di un paese prossimo al tracollo, in Separated invece i discorsi si fanno più ampi (e oseremmo dire stratificati) perché da un protagonista si passa alla pluralità, rendendo il tutto ancor più coinvolgente.

Il documentarista statunitense affronta il tema controverso delle separazioni tra genitori e figli messicani una volta arrivati, spesso e volentieri in maniera clandestina, negli Stati Uniti. Una divisione per l’appunto non semplice da superare, in special modo per via della giovanissima età dei bambini coinvolti.

Dando voce ai veri fautori degli eventi, il regista tanto amato al festival di Venezia (questa è la terza partecipazione nel giro di pochi anni) più di altre volte riesce a catturare l’attenzione dello spettatore tramite una narrazione curata in ogni minimo dettaglio e un montaggio serrato, a cura di Steven Hathaway, quasi da film d’azione.

Un lungometraggio studiato, che mira a imprimere nella memoria le parole dei protagonisti, alternando la rappresentazione visiva – seppur di finzione – del tentativo di fuga dal Messico e delle conseguenti catture, talvolta punite con pene severissime, a un racconto più classico, basato sulle testimonianze di chi ha partecipato al ricongiungimento tra padri, madri e figli.

Un documentario forse di parte (questa è una delle maggiori critiche rivolte nei confronti del regista) ma solo all’apparenza e in superfice, perché giunti al finale, Morris attacca oltre al governo Trump, artefice del periodo di maggiori separazioni, anche quello più attuale di Joe Biden, tanto da mettere a tacere le malelingue che lo considerano quasi sempre un autore parziale, per dirla alla Nanni Moretti.

L’aspetto più interessante, però, è il collegamento con un film apparentemente distante per intenti e struttura narrativa, ma altrettanto fondamentale per comprendere il nostro presente turbolento: Civil War, diretto da Alex Garland. I due lungometraggi oltre a descrivere il declino degli Stati Uniti, uno con l’espediente di un presente ipotetico e l’altro attraverso una dimensione più reale, seppur filtrata essendo comunque un documentario che ha al suo interno tanti elementi di finzione, sono accumunabili pure dal breve lasso di tempo tra l’uscita in tutte le sale del mondo del primo e la presentazione al pubblico e alla stampa alla mostra del cinema di Venezia.

Errol Morris con Separated firma non solo il film più compiuto degli ultimi anni, ma quello a livello cinematografico maggiormente spettacolare, pur narrando di eventi reali e traumatici. Un documentario imponente e più che mai attuale, dove non esiste alcuna distinzione tra i buoni e i cattivi.

Una clip del documentario:

Sintesi

Separated affronta le separazioni forzate tra genitori e figli messicani negli Stati Uniti, aggravatesi durante il governo Trump. Con uno stile dinamico e un montaggio serrato, il film si pone come seguito ideale di American Dharma, esplorando un’America segnata da profonde divisioni. Più di un semplice documentario, Separated è una testimonianza dolorosa di un paese sempre più instabile e vicino al caos.

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