Share recensione del film di Pippa Bianco con Rhianne Barreto, Charlie Plummer, Pooma Jagannata, J.C. MacKenzie, Nicolas Galitzines e Lovie Simone
Il mondo del web può essere una benedizione, ma anche una maledizione. Fin troppe volte, infatti, quest’ultimo è stato il mezzo principale con il quale ogni giorno delle vite sono state rovinate a causa di file compromettenti finiti in rete. Un problema, questo, molto sentito dal mondo cinematografico e spesso portato in primo piano nelle sue produzioni. Ultima del genere è Share, film prodotto da HBO che abbiamo visto in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
Il film segue le sfortunate vicende di Mandy (Rhianne Barreto), un’adolescente che una notte si ritrova nel suo giardino di casa senza sapere come ci sia arrivata. Con il passare delle ore scoprirà che quella sera era a una festa durante la quale qualcuno ha abusato di lei mentre era svenuta a causa del troppo alcool assunto. Questo lo scopre grazie a un video che viene fatto girare tra i suoi amici. Solitamente, in questi casi, tutti i compagni deridono la vittima e la emarginano. In Share succede qualcosa di anomalo. Nessuno la prende di mira all’inizio. Inizia a diventare un’emarginata dal momento in cui i suoi genitori la costringono a parlare alle autorità dell’evento. Non viene messa da parte solo dagli altri studenti della scuola, ma anche dalla scuola stessa, che sembra non volere subire scandali o processi. Sicuramente, è un’interessante variazione del tema, molto più realistica delle solite risatine e occhiate mentre la vittima passa tra i corridoi.
La regista Pippa Bianco è riuscita a creare, attraverso la messa in scena, un forte senso di introversione ed esclusione, facendo comprendere quanto Mandy, pur avendo delle persone che le stanno accanto, si senta sola e privata del controllo della situazione. Il film in sé, non ha grossi difetti produttivi. Tuttavia, una volta arrivati alla fine della pellicola, allo spettatore resta poco. Sembra che la Bianco fosse più interessata a raccontare una storia di esclusione che non di abuso, il che non è affatto un male. Ma la tematica è troppo legata alle fondamenta narrative del film per non darle lo spessore che ci si aspetterebbe da una pellicola di questo genere.