SLY recensione docufilm di Thom Zimny dedicato a Sylvester Stallone [Netflix]
Diretto da Thom Zimny, Sly ripercorre l’intera vita e carriera di uno degli attori più conosciuti e amati da tutto il mondo: Sylvester Stallone.
Lo vediamo in prima persona mentre si racconta apertamente insieme ad attori e amici che portano il loro contributo alla storia: il suo amato fratello Frank Stallone, Arnold Schwarzenegger, Quentin Tarantino, Talia Shire, Henry Winkler (Happy Days) e John Herzfeld.
Nato e cresciuto in uno dei quartieri più brutti e malfamati di New York, Hell’s Kitchen, Stallone proviene da una famiglia umile, ma molto severa. In gioventù è un bambino solo che subisce le violenze del padre, il che lo porta a chiudersi in sé stesso. L’unico modo per sfuggire a quella realtà così dura e difficile è guardare i film, andando al cinema sotto casa sua.
I film gli permettono di entrare in un mondo fantastico e magico, in cui può immagine di vivere una vita tranquilla e felice. È proprio grazie alla visione costante delle pellicole che sviluppa la sua scrittura, addentrandosi nella stesura delle sceneggiature e dei dialoghi.
Dopo vari provini, entra a far parte del cast di Happy Days – La banda dei fiori di pesco accanto a Henry Winkler, protagonista dell’omonima serie TV. È qui che lo vediamo per la prima volta davanti alla cinepresa, interpretando Stanley Rosiello, un ragazzo burbero, ribelle ma con un cuore dolce.
Nonostante Stallone interpreti una parte secondaria, si delineano già tutte quelle caratteristiche che rivedremo nei suoi film più iconici: lo sguardo serio e malinconico, la bocca distorta da cui fuoriesce una voce roca e profonda, la camminata da bullo e ondeggiante e i capelli nero corvino, che ricordano un vero e proprio “stallone italiano”.
Gli anni passano, ma Sly non riesce ancora a trovare la strada giusta nel mondo del cinema. Le sue parti sono sempre secondarie, quasi di comparsa, e non riesce ad esprimersi a pieno come attore.
Nel frattempo scrive la prima sceneggiatura di Rocky e prova a venderla a vari produttori cinematografici, ma invano. Rocky è un personaggio completamente diverso da come lo conosciamo oggi: è una persona cattiva che si sfoga contro gli altri attraverso il pugilato perché sente l’esigenza di far male.
Per i motivi più disparati il copione di Rocky viene riscritto dallo stesso Stallone e ne esce il film vincitore degli Oscar del 1977. La novità più accattivante è la presenza della figura femminile di Adriana, interpretata deliziosamente da Talia Shire, che dona un tocco di dolcezza e amore ad un film violento. Nel personaggio di Rocky ci mette tutto sé stesso, la sua storia, i suoi dolori e la sua infanzia, rendendolo un capolavoro senza precedenti.
Ogni Rocky rispecchierà una fase particolare della vita di Sly, arrivando all’apice con Rocky V in cui compare il suo primo figlio Sage Stallone.
Il 3 dicembre 1976 segna due momenti importanti nella sua vita: l’inizio del successo – che lo porterà sul tetto del mondo cinematografico – e la fine di una vita privata.
Gli anni Ottanta e Novanta sono gli anni in cui l’attore è al centro della cultura cinematografica: lancia i sequel dei Rocky, la saga dei Rambo, Over The Top, Sorvegliato Speciale, Lo Specialista, Cliffhanger, Trappola nel Tunnel e tanti altri.
Rambo nasce da una sua idea di riscrivere la sceneggiatura del libro di David Morrell intitolato “Rambo: First Blood”. Stallone riesce a portare sullo schermo un personaggio difficile: violento, duro, indistruttibile ma che ha solo bisogno di essere ascoltato, aiutato e amato. Ancora una volta siamo di fronte ad un personaggio che rispecchia i dolori provati dallo stesso attore quando era un bambino e che si porterà dietro per il resto della sua vita.
La morte del figlio Sage viene affrontata con grande delicatezza da Stallone. L’importanza di avere una famiglia e di tenersela stretta emerge durante il dialogo tra Adriana e Rocky verso la fine del film Rocky V in cui la donna dice: “Se vuoi insegnare qualcosa, fallo con tuo figlio. Lui è il tuo sangue, lui è il tuo numero uno”. Ecco il lato oscuro della fama, quel torpore che risucchia, che annebbia la mente e fa perdere, spesso, le persone che ami.
Stallone si pone una domanda: “Il mio scopo è riuscire a salvare qualcuno. Ci sarò riuscito?”. Io penso di sì. È vero, è un attore di film d’azione ma ogni sua pellicola, soprattutto Rocky, insegna tante cose. Sono film motivazionali che aiutano a credere in sé stessi e nelle proprie potenzialità. Siamo oltre al fisico scolpito e alla bellezza, siamo nella sfera più intima dell’essere umano.
E come dice Rocky: “L’importante non è come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e una volta che finisci al tappeto hai la forza di rialzarti… Così sei un vincente!”.
Grazie Sylvester Stallone per tutte le lezioni di vita che ci hai donato e che, spero, continuerai a regalarci.