Snowpiercer Netflix: recensione serie TV di Graeme Manson con Jennifer Connelly, Daveed Diggs, Katie McGuinness, Mickey Sumner, Susan Park e Lena Hall
Anche su un pianeta ghiacciato e morto all’umanità serve speranza.
(Snowpiercer)
C’è qualcosa di intrigante nelle mille e una carrozze del treno dell’eternità di Snowpiercer, arca in movimento perpetuo che trasporta tutto ciò che resta del mondo, ormai divenuto un deserto di ghiaccio da sei anni, nove mesi e ventisei giorni a causa del folle tentativo dell’uomo di arrestare i disastri del cambiamento climatico da egli stesso provocati, causando invece il congelamento della Terra fino al nucleo.
Tratto dalla graphic novel di fantascienza di Jacques Lob e Jean-Marc Rochette Le Transperceneige, già film hollywoodiano nel 2013 con Chris Evans, Ed Harris, Tilda Swinton, Song Kang-ho, John Hurt, Jamie Bell e Octavia Spencer che passa più che altro alla storia come primo film in lingua inglese di Bong Joon-ho (qui in veste di produttore), l’adattamento scritto da Graeme Manson (Orphan Black, Cube – Il cubo) ci immerge a 117 gradi sotto lo zero in un thriller investigativo ambientato nel futuro che ha il pregio sia di distaccarsi dal primo film, grazie ad una detective story tesa ed avvincente che sa ben svilupparsi tra i vari episodi senza perdere mordente, sia di aggiungere profondità alla lotta di classe dando voce non solo ai “buoni da copione” ma anche alle politiche di sopravvivenza attuate dai privilegiati, tra ingiustizia sociale, emarginazione e abbandono della gente comune e speranza di portare avanti la specie umana, ridotta ormai a tremila anime alla costante ricerca di equilibrio tra necessità, avidità e velocità: del treno, del consumo delle scarse risorse, del tempo per trovare soluzioni e dell’estinzione stessa.
È in particolare il personaggio interpretato dal premio Oscar Jennifer Connelly a mettere in discussione la roccaforte di diseguaglianza eretta dallo Snowpiercer, popolato da quattro distinte classi di passeggeri che vanno dalla prima classe al fondaio, quest’ultimo costituito dalla gente comune che ha trovato la salvezza sulla locomotiva assaltandola pur senza alcun biglietto, gli esclusi sopravvissuti che si rifiutano di morire, ostinati come il freddo.
L’umanità ci riempirà la pancia un giorno,
quando mangeremo i ricchi dello Snowpiercer lungo le mille e una carrozza.
(Snowpiercer)
Lo Snowpiercer rappresenta un monumento al dominio umano e al controllo delle risorse, e al suo interno si ricostituisce il microcosmo di una società morente divisa dalla lotta di classe in cui qualsiasi risorsa ed attività è contigentata, a partire dalla riproduzione.
Nel fondaio il dramma degli ultimi che lottano per la sopravvivenza, uniti da una causa comune e dalla necessità, saldi con forza e determinazione nel rifiutarsi di soccombere alla stessa tirannia che ha distrutto il mondo e che ha poi trovato riparo sullo Snowpiercer, ossia i privilegiati che hanno finanziato il treno dell’eternità.
L’accesso alla testa del treno significa potere, l’accesso è libertà: il detective Andre Layton, impersonificato dal magnetico Daveed Diggs in un’interpretazione posata e bel calibrata, ci accompagna in uno scontro di classe rinnovato in un futuro lontano ma non troppo, dove il pendolo della ragione oscilla tra privazioni e privilegi, ingiustizia e diritti acquisiti, violenza fisica e prevaricazione, in mano al deus ex machina Mr. Wilford.
In Snowpiercer ritroviamo tutte le declinazioni dei sentimenti umani rinchiuse a bordo di uno treno sovraffollato che sospinge in avanti la specie umana, bilanciate in una serial avvincente e inatteso.