Sons

Sons recensione film di Gustav Möller con Sidse Babett Knudsen

Sons recensione film di Gustav Möller con Sidse Babett Knudsen, Sebastian Bull e Dar Salim

Sons di Gustav Möller (Credits: Movies Inspired)
Sons di Gustav Möller (Credits: Movies Inspired)

Dopo il folgorante Il colpevole – The Guilty, Gustav Möller torna con un nuovo thriller psicologico, scegliendo ancora una volta di raccontare una categoria delle forze dell’ordine che raramente vediamo. Se in The Guilty il budget ristretto lo aveva portato ad ambientare la storia nell’ufficio di un operatore telefonico della polizia, questa volta la protagonista è una guardia carceraria.

Il dramma carcerario mette quasi sempre al centro la vita dei detenuti, e i loro guardiani (il titolo originale in danese, Vogter, vuol dire proprio questo) ricoprono spesso la parte degli antagonisti. Möller, invece, non solo sceglie come protagonista una guardia, ma decide anche di caratterizzare la sua Eva (Sisde Babett Knudsen) come un’amorevole madre. La donna infatti si prende cura dei detenuti come se fossero figli suoi, salutandoli cortesemente quando gli apre le celle, insegnandogli a fare il caffè e aiutandoli nei compiti di matematica.

L’ordine del piccolo mondo di Eva, costituito dal braccio del carcere dove lavora, viene sconvolto dall’arrivo di Mikkel (Sebastian Bull), colpevole dell’omicidio di suo figlio. La donna allora si fa trasferire nell’ala di massima sicurezza, dove Mikkel è detenuto, cominciando a perseguitarlo e a mettere in moto la sua vendetta.

Bisogna innanzitutto lodare la sceneggiatura di Emil Nygaard Albertsen e dello stesso regista, precisa ed efficiente come un orologio svizzero per quanto riguarda il ritmo narrativo. Ogni personaggio, ogni ambiente, ogni snodo dell’intreccio e ogni battuta è frutto di un attento lavoro di cesello che stimola continuamente lo spettatore.

Potendo contare su una scrittura di ferro, Möller può affidarsi a una regia invisibile e precisa. Non si affida mai a inutili manierismi e non cade mai nella trappola del mettersi in mostra, ma si “limita” a mettere in scena il materiale narrativo nel modo più efficiente possibile riuscendo comunque a trovare brillanti e astute soluzioni visive e di composizione delle immagini, mai magniloquenti.

Così facendo, sono gli attori a essere al centro dell’attenzione. La regina indiscussa non può che essere Sisde Babett Knudsen, che regala un’interpretazione ricca di sfumature. La guardia comprensiva e amorevole, che si dedica ai suoi detenuti con affetto e compassione, si trasforma gradualmente in una rancorosa e intransigente aguzzina. Ma Knudsen non gioca solo con questi due poli estremi, e conferisce a Eva una fragilità e un’insicurezza che la rendono un personaggio colmo di dubbi e sempre in pericolo.

Tutto questo basterebbe a rendere Sons un ottimo, semplice, dramma carcerario. Invece, seguendo l’esempio di registi come Park Chan-wook, Bong Joon-ho o Jacques Audiard, Möller sfrutta l’intrattenimento tipico del thriller per attirare lo spettatore su un terreno a lui familiare, per poi mostrargli i lati più nascosti dell’umanità e per metterlo di fronte a domande che lo scuotano.

Il film, infatti, mette di fronte ai limiti della giustizia, tanto quella personale quanto quella istituzionale. La prima prende l’aspetto della vendetta, ed è una strada di cui si finisce inevitabilmente prigionieri. Anche la giustizia civile e giuridica, però, sembra una risposta inefficace. Di fronte a certi individui, che non possono essere salvati, a cosa serve la riabilitazione?

Il vero cuore emotivo del film sta però nella sofferenza che divora Eva ogni giorno. Cercando di rimediare agli errori fatti con suo figlio, che ha praticamente abbandonato, Eva ha “adottato” i detenuti del carcere. Mikkel la mette di fronte al suo fallimento, spingendola a una vendetta che però la allontana sempre di più dalla sua natura più umana, quella di madre amorevole.

 

Sintesi

Sons offre un ritratto straziante di un’umanità sofferente e allo sbando, senza però risultare troppo opprimente o nichilista, e senza rinunciare alla soddisfazione che deriva dal guardare un ottimo thriller. Un gioiello figlio del cinema migliore, quello capace di unire il cinema di genere al cinema d’autore, l’ intrattenimento all’ introspezione.

Perché MadMass.it

Consapevoli del nostro ruolo, da sei anni in MadMass.it portiamo avanti una linea editoriale responsabile, preferendo la copertura dei festival al content farming, le recensioni al clickbait, le rubriche e le interviste al sensazionalismo. Stiamo cercando di fare la nostra parte: sostienici con una donazione, acquistando i prodotti consigliati sul nostro magazine o semplicemente passa a visitarci, sfoglia le nostre pagine e condividi i nostri articoli sui social: ci permetterai di continuare a crescere e fare sentire la nostra voce.

Articoli Correlati

Commenti

Ultimi Articoli

Sons offre un ritratto straziante di un’umanità sofferente e allo sbando, senza però risultare troppo opprimente o nichilista, e senza rinunciare alla soddisfazione che deriva dal guardare un ottimo thriller. Un gioiello figlio del cinema migliore, quello capace di unire il cinema di genere al cinema d’autore, l’ intrattenimento all’ introspezione.Sons recensione film di Gustav Möller con Sidse Babett Knudsen