Sparrow recensione film di Johnnie To con Simon Yam, Kelly Lin, Gordon Lam, Lam Ka-tung, Lo Hoi-pang, Law Wing-cheong, Kenneth Cheung e Lam Suet
Il segreto di Sparrow sta nella sua graziosa ed elegante semplicità. Dal punto di vista formale, il film utilizza principalmente la narrazione visiva. Sembra una tautologia, ma è un dato di fatto che i dialoghi sono incredibilmente scarsi: la trascrizione completa conta sole 1244 parole.
La generale mancanza di dialoghi è ancora più degna di nota se si considera il genere del film: si tratta di un poliziesco, un genere ricco di trama, che di solito vede i criminali escogitare piani a lungo termine o i detective spiegare tali piani, se non entrambi. In Sparrow, il personaggio di Simon Yam, Kei, dice “dobbiamo escogitare un piano” e il film passa direttamente a quel piano in azione, lasciando che il pubblico scopra la trama e le sue macchinazioni man mano che accadono.
La rarità di Sparrow, invece, sta nell’essere una commedia di gentilezza. La posta in gioco è molto più bassa rispetto a qualsiasi altro film “criminale”: nessuno morirà (tranne forse di vecchiaia) e i personaggi principali subiscono presto la violenza fisica, passando una parte del film con braccia e gambe ingessate o camminando con le stampelle. Johnnie To porta sullo schermo maschi che si sfidano a colpi di ego, il tutto per una donna che agisce come l’avversario dell’ideologia patriarcale. Ogni inquadratura fornisce “informazioni” su ciò che seguirà, su dove e cosa e chi sta accadendo, mentre abiti, coltelli e passaporti assumono una grazia allo stesso. tempo elegante e semplice.
Questa semplicità si estende al contenuto tematico, ma “semplice” in questo caso non significa superficiale. Il filo conduttore più evidente è l’idea che le apparenze possono ingannare – i personaggi sono effettivamente dei borseggiatori – e Kei afferma addirittura che “i colori possono ingannare” per spiegare perché scatta in bianco e nero. La natura ingannevole delle apparenze è il modo in cui questi ladri si guadagnano da vivere. Ma la questione va oltre.
– Why are the photos in black and white?
– Colors can be deceiving.
(Sparrow di Johnnie To).
Il personaggio di Kelly Lin, Chung Chun-lei, usa infatti l’inganno in un modo diverso ma complementare: la manipolazione degli uomini. Loro amano fissarla, abbassano la guardia e le danno potere su di loro, offrendole l’opportunità di approfittarsi di loro. Ecco perché il suo primo incontro con Kei è incentrato su alcuni scatti fugaci, dove lei alla fine scappa e le fotografie vengono bruciate. L’uomo e la sua macchina fotografica la stavano privando della sua arma più grande: la sua immagine.
Questo potere sugli uomini è significativo per Chung Chun-lei, perché altrimenti non le è concesso molto. Esiste sotto il controllo del signor Fu (interpretato da Lo Hoi-pang), un benefattore patriarcale che, secondo Lin, le ha permesso di vivere una buona vita, ma che ora le impedisce di trovare un vero amore. La libertà è quindi il secondo tema principale del film: Kei e i suoi amici vivono una vita spensierata, ma Chung non ha un’autonomia simile, non ha un’agenzia. La sua vita è definita dal controllo patriarcale ma ha l’opportunità finalmente di sfuggire alla sua gabbia.
Menzione speciale poi per l’erotico passaggio di una sigaretta in auto. Una sequenza sensuale, ma non nello stesso modo in cui un film allungherebbe una sequenza per aumentarne la sensualità: ha uno scopo narrativo nello spingere i personaggi attraverso il meraviglioso labirinto di Hong Kong.