Spiral – L’eredità di Saw recensione film di Darren Lynn Bousman con Chris Rock, Samuel L. Jackson, Max Minghella, Marisol Nichols e Ali Johnson
Reimmaginare Saw
Sembrava la fine per Saw – il franchise horror lanciato da Leigh Whannell e James Wan nel 2004 – poiché, anno dopo anno, ogni suo sequel era sempre più gore, sempre più incentrato su quel torture porn che tanto piace ma al contempo diveniva più sciocco e prevedibile a tal punto che i fan continuavano a chiedersi: quante altre vittime potrebbero improvvisamente trasformarsi in assassini? Quante altre volte John Kramer (il magnifico Tobin Bell) potrebbe magicamente tornare in vita? Dopo la delusione di quel capitolo finale, tutti avevano perso ormai le speranze.
Poi arriva Chris Rock nel 2017 che, con la sua immensa passione per il franchise, prova a portare una boccata d’aria fresca. Una volta visionato il primo concept del film, l’amministratore delegato della Lionsgate, Joe Drake, ha affermato “Quando Chris Rock è venuto da noi e ha descritto in dettagli agghiaccianti la sua fantastica visione che reimmagina e fa continuare a girare il mondo del famigerato killer Jigsaw, eravamo tutti estremamente contenti”.
Nono capitolo della saga distribuito in Italia da 01 Distribution, Spiral – L’eredità di Saw (Spiral: From the Book of Saw) è diretto da Darren Lynn Bousman e scritto da Josh Stolberg e Pete Goldfinger con attori del calibro di Chris Rock e Samuel L. Jackson affiancati da Max Minghella, Marisol Nichols e Morgan David Jones.
Spiral – L’eredità di Saw: la trama
Lavorando per tutta la vita all’ombra di suo padre (Samuel L. Jackson), una leggenda della polizia locale, il tenente Ezekiel “Zeke” Banks (Chris Rock) e il suo nuovo partner (Max Minghella) indagano su una serie di macabri omicidi con un modus operandi inquietantemente simile a quello del famigerato serial killer che un tempo infestava la città, Jigsaw. Intrappolato inconsapevolmente, Zeke si ritroverà al centro del terrificante piano dell’assassino di risanare in maniera definitiva il marcio della polizia.
Un film di Saw… senza Saw
Come ben sappiamo i simboli rappresentativi di questa saga sono la spirale e l’importantissimo pupazzo che invita, con il suo sguardo vuoto ed inquietante, a “giocare con lui”. La spirale è sempre stata un simbolo di cambiamento, evoluzione e progresso ed in questo il film fa un ottimo lavoro ma dov’è Billy il Pupazzo? Perché è stato sostituito da questa testa di maiale?
Darren Lynn Bousman ha dato una risposta chiara a riguardo: “Se quello che avessi girato fosse stato Saw 9, allora sarebbe stata una cosa del tutto diversa. Ma questo è Spiral – L’eredità di Saw, e credo che sia importante differenziare le due cose […] Ed è perché è il nono film di questo franchise, ma non è Saw 9. Non ci sarà mai un altro Tobin Bell, non ci sarà mai un altro Jigsaw. E non avrei mai voluto insultare i fan cercando di creare un altro Jigsaw, perché di Tobin Bell ce n’è solo uno e nessuno potrà essere all’altezza del suo lavoro”.
“Spiral non è un sequel, non è un remake, non è una rivisitazione”, Ci spiega Chris Rock. “È un film indipendente che esiste nell’universo di Saw. Quindi ciò significa che i fatti narrati in Saw, dall’uno all’otto sono reali, sono accaduti, e questo film si svolge in quell’universo, ma ha la sua propria trama”. Assolutamente apprezzabile questa scelta.
Spiral – L’eredità di Saw: la recensione
Abituati a film sempre molto claustrofobici, con setting spesso in luoghi interni, angusti e decadenti e quasi sempre concentrati sulle torture, il nuovo film della saga ne prende le distanze donandoci un racconto molto più coerente e strutturato. Un mix tra il buddy cop alla Bad Boys e il thriller alla Seven.
Ciò che ci ha affascinato è stata l’idea di focalizzarsi sul rapporto tra i poliziotti e le loro lotte interne, tra razzismo sistemico e corruzione assoluta… i momenti delle torture sadiche ci sono e sono anche estremamente ben pensati, ma fortunatamente non sono preponderanti. Spiral – L’eredità di Saw si distanzia da quell’aspetto tipico del survival per concentrarsi sul mistero, sulla corruzione, sulla rete di bugie e di violenze sistemiche perpetrate e protette dalla stessa polizia locale.
Spiral fa un egregio lavoro nei confronti del fandom, in quanto riesce sia a dare agli spettatori le famigerate e sadiche trappole che tanto attendevano, sia ad introdurre un nuovo villain, per quanto prevedibile sia nel corso della visione della pellicola. Suddetto antagonista prende in prestito il modus operandi del vecchio Jigsaw ma si focalizza più sull’eliminare il marcio della polizia che sul riformarla effettivamente. Introdurre finalmente un nuovo antagonista è una mossa saggia ed inevitabile, in quanto il nostro amatissimo Kramer è morto da oltre dieci anni, nel lontano 2006, durante Saw III.
La tematica sociale qui come in altri capitoli del franchise è fondamentale. Nelle pellicole precedenti, infatti, l’assassino ha sempre cercato di riformare le persone testando il loro attaccamento ad alcune parti del loro corpo. In Spiral, l’assassino cerca invece di riformare un’intera istituzione marcia e corrotta. Dove Jigsaw era solito chiedere di tagliarsi un piede per salvare il resto del corpo, Spiral chiede effettivamente a qualcuno di “tenere il piede” ma tagliare tutto il resto (metaforicamente parlando). In questo caso è proprio il nostro Zeke la persona la cui lealtà viene messa alla prova: un detective che ha visto abbastanza brutalità perpetrata dalla polizia nel corso degli anni da non trasalire nemmeno quando trova uno dei suoi colleghi spiaccicato su un treno della metropolitana con la lingua che penzola da una morsa arrugginita sopra i binari.
Non tutto funziona però nel nuovo capitolo diretto da Darren Lynn Bousman: nonostante i vari cambi di ritmo, Spiral – L’eredità di Saw si svolge secondo uno schema che molti fan troveranno familiare. Il film non risulta particolarmente spaventoso, possiede una struttura estremamente ripetitiva e a causa della sua prevedibilità che permette allo spettatore di capire abbastanza rapidamente chi c’è dietro la serie di omicidi che vengono perpetrati nello stile di Jigsaw. Beh, Non proprio come Jigsaw, dato che le vittime questa volta sono esclusivamente poliziotti. Inoltre, per quanto il fatto che l’assassino prenda di mira i poliziotti corrotti sia un tentativo importante di denuncia e aderenza all’attualità, è gestito in un modo troppo superficiale e gravoso.
Punto a favore è il finale riuscitissimo, cupo e drammatico e pronto a dare il via ad un nuovo sequel.