Storia di un matrimonio recensione del film disponibile su Netflix con Adam Driver e Scarlett Johansson, diretto da Noah Baumbach
Storia di un matrimonio inizia con le parole che Nicole e Charlie hanno scritto in una lettera in cui descrivono l’altro e parlano con se stessi. Sono frasi mai dette a voce, che raccontano i bei momenti di un amore ora stinto e del quale non rimane altro che rancore e solitudine; ricordi e affetto che non vogliono proferire ad alta voce per non abbattere il muro che hanno costruito tra loro e per colpa di cui non riescono più a comunicare.
Questo film, candidato a diversi Golden Globe 2020 e sicuramente con qualche candidatura ai prossimi Oscar, è l’erede spirituale di Kramer vs. Kramer con i suoi monologhi strazianti, i silenzi imbarazzanti alternati ad esplosioni di rabbia e quel devastante sentimento di universalità nella storia: il cuore spezzato è una valuta di uso comune.
Noah Baumbach dispone la narrazione in modo tale da poter approfondire il punto di vista di ciascun personaggio e di vedere ognuno attraverso gli occhi dell’altro. Il risultato è una lotta tra due persone che sanno che perderanno il bene più grande: il proprio figlio e la loro integrità inizierà ad oscillare quando il ‘sistema’ entrerà in scena per gestire la separazione.
Il regista è quasi autorizzato a fare appello al dramma lacrimale e, quando arriva, sembra quasi un nirvana, una liberazione. Oltre allo splendore della sceneggiatura (sempre a firma di Baumbach) e dei dialoghi calzanti, ben rappresentativi di una situazione quotidiana, il montaggio rende la storia estremamente dinamica e al tempo stesso misurata.
Senza dubbio è una delle migliori interpretazione di Scarlett Johansson nel ruolo di Nicole, un’attrice che decide di lasciare i suoi sogni, i propri obiettivi professionali e la sua Los Angeles per diventare moglie e madre nella Grande Mela. D’altra parte abbiamo un impotente Charlie, reso magistralmente dall’eccezionale Adam Driver, che non può nascondere la sorpresa di sentirsi responsabile della tragedia che ha colpito la sua famiglia. Forse lo era, forse no. Lui si sente solo e messo all’angolo, tra la sua compagnia teatrale che lo assorbe in modo totalizzante e l’amore per il figlio che non vuole perdere.
I due attori afferrano completamente le redini del film, regalando pura sincerità; brillano e gestiscono ogni dialogo ed ogni silenzio con tale impulso e passione da coinvolgere appieno lo spettatore.
Storia di un matrimonio riesce a non giudicare, a non indicare nessuno come il buono o il cattivo di una situazione dolorosa. Baumbach sceglie di mostrarli come due esseri umani, pieni di virtù e imperfezioni, di successi e di molti errori, che cercano il loro cono di luce nella vita. E che, al di là delle parole ferenti e delle diatribe legali per l’affidamento del figlio, al di là delle recriminazioni e della sconfitta di cui si sentono latori, portano nel cuore ancora un profondo affetto l’uno per l’altra.
L’amore può finire, spegnendosi come un moccolo di candela.
Ma era lì, ed era abbastanza.
Gabriela