Sundown recensione film di Michel Franco con Tim Roth, Charlotte Gainsbourg, Iazua Larios, Henry Goodman e Albertine Kotting McMillan a Venezia 78
Il sole di Acapulco sembra avere un’incredibile magnetismo e un’oscuro potere in Sundown, il film con cui Michel Franco ritorna al Lido dopo Nuevo Orden. La gente si assiepa sulle spiagge dell’iconica località messicana per avvicinarcisi il più possibile, scolando birre e mangiando pesce di ogni tipo. Capita anche di morire, freddati da criminali arrivati dal mare a bordo delle moto d’acqua, ma rimane il luogo perfetto dove fuggire dalla vita, dove sopravvivere senza troppi patemi d’animo.
E’ quello che fa Neil (Tim Roth) non appena la notizia della morte della madre lo raggiunge durante una lussuosa vacanza in Messico con la sorella (Charlotte Gainsbourg) e i nipoti. Dovrebbe tornare con loro a Londra in fretta e furia, ma finge di perdere il passaporto e affitta una stanza in un hotel malfamato per tornare a oziare sulla spiaggia. Lascia tutto e tutti, compie un distacco netto e disinvolto dalla sua vita abbracciando l’inerzia di un luogo sospeso tra il sole e il mare.
Non si tratta di un salto nel buio, non c’è una rivoluzione personale. Il personaggio che ci viene presentato all’inizio del film rimane pressoché identico a quello che rimane in scena fino all’ultimo, con l’aggiunta progressiva e parsimoniosa di dettagli su tutto quello con cui non vuole avere nulla a che fare. La realtà viene ingannata e rallentata con l’amore di Berenice (Iazua Larios) e la rinuncia a un’immensa fortuna familiare ma, come successo con il film di Paul Schrader anch’esso in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, il caos vitale non esenta nessuno dal pagare dazio.
Il regista messicano è interessato a raccontare non solo una storia ma un territorio contraddittorio, lasciando che quest’ultimo le conferisca un’impronta unica. Il singhiozzo comunicativo dei personaggi, l’indolenza e l’apatia del protagonista sono illuminati dal sole in maniera incessante e impietosa, rivelando le imperfezioni di un’area in preda alla violenza. Il tramonto che il titolo prospetta sembra essere quello che incombe inevitabilmente sulla luce più intensa e duratura: nessuna dura per sempre. Prima o poi bisogna fare i conti con le tenebre, dentro e fuori di noi.