Super Happy Forever

Super Happy Forever recensione film di Kohei Igarashi [Venezia 81]

Kohei Igarashi ritorna al Festival di Venezia con un film delicato e dotato di una poeticità unica.

Super Happy Forever recensione film di Kohei Igarashi con Hiroki Sano, Yoshinori Miyata, Nairu Yamamoto e Hoang Nhu Quynh [Venezia 81]

Una scena di Super Happy Forever (Credits: BAC Films International, Brigitta Portier).
Una scena di Super Happy Forever (Credits: BAC Films International, Brigitta Portier).

Sano (Hiroki Sano) trascorre giorni felici sull’isola di Izu in compagnia dell’amico Miyata (Yoshinori Miyata). Tuttavia, questo luogo ha un significato speciale per Sano, poiché anni prima fu qui che incontrò quella che sarebbe poi diventata sua moglie, Nagi (Nairu Yamamoto).

Tra una pedalata lungo la riva del mare e un’escursione tra i luoghi turistici della località balneare, Sano scoprirà, grazie alla giovane donna, aspetti nascosti per lungo tempo. Come per magia, i due coniugi torneranno al punto di partenza, cercando di conoscersi veramente per ciò che sono.

Il regista giapponese Igarashi, di ritorno al festival di Venezia dopo la partecipazione del 2017 con il lirico Takara – La notte che ho nuotato, co-diretto insieme al francese Damien Manivel (attualmente uno dei volti più interessanti del nuovo panorama cinematografico transalpino), racconta, attraverso Super Happy Forever, cosa potrebbe accadere se due persone sposate da anni cercassero di riscoprirsi, questa volta senza nascondere le proprie parti più fragili

Gran parte del merito per la scelta di fondere questa peculiare storia d’amore con un viaggio estivo alla riscoperta di se stessi va attribuito non solo all’autore di Hold Your Breath Like a Lover, ma soprattutto all’attore protagonista Hiroki Sano, vera anima del film, che interpreta il suo ruolo con grande maestria e si mette al servizio di una sceneggiatura impeccabile.
Ne risulta un connubio vincente, capace di donare al lungometraggio una dimensione visiva unica nel suo genere.
Parlando di amori ruggenti, estati felici e “prime scoperte”, Super Happy Forever di Kohei Igarashi potrebbe ricordare per certi aspetti Aftersun  (giusto per citare uno dei più recenti) o comunque quei prodotti considerati “feel-good movies”, ovvero lungometraggi che riescono a far sentire lo spettatore felice. Forse non particolarmente impegnati, ma comunque densi di messaggi profondi e capaci di veicolare verità tutt’altro che banali.

Un altro momento di Super Happy Forever (Credits: BAC Films International, Brigitta Portier).
Un altro momento di Super Happy Forever (Credits: BAC Films International, Brigitta Portier).

Un’opera che, per intenti e racconto per immagini, sembra appartenere a un’epoca cinematografica lontana, ma allo stesso tempo rimane coerente con quella attuale. È uno di quei film a misura d’attore, tipici degli anni ’70 e ’80.
Super Happy Forever e lo stesso Igarashi ci invitano a vivere la vita senza dare troppo peso agli eventi negativi che possono accadere, guardando le cose attraverso una prospettiva diversa, non necessariamente migliore o peggiore, ma sempre con la volontà di non arrendersi mai.

Un film delicato (e poetico) che riflette su un momento particolare della vita, grazie anche ad una narrazione mai scontata, dove il tempo sembra essersi fermato per poi ripartire, verso un altro viaggio o semplicemente per ritrovare la propria anima gemella, in un loop quasi da favola.

Inspiegabile come il nuovo lavoro di Kohei Igarashi trovi spazio solo nella sezione Giornale degli Autori (perlomeno come film d’apertura); avrebbe certamente meritato una competizione ben più prestigiosa.

Il trailer del film:

Sintesi

Super Happy Forever è il nuovo film di Kohei Igarashi, presentato nella competizione Giornate degli Autori. Igarashi racconta del ritorno del giovane Sano sull'isola di Izu, mettendo in scena una vera e propria poesia in movimento, grazie anche alla convincente interpretazione di Hiroki Sano. È un film dalle sfumature sincere, che non risulta mai melenso, nemmeno nei momenti più romantici. Super Happy Forever avrebbe senz'altro meritato una competizione di maggior rilievo. Un lungometraggio di altri tempi, sia per intenti che per racconto per immagini, ma allo stesso tempo ben connesso con l'oggi.

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