Sweet Girl recensione film di Brian Andrew Mendoza con Jason Momoa, Isabela Merced, Justin Bartha, Manuel Garcia-Rulfo, Amy Brenneman e Adria Arjona
Con l’avvento del nuovo millennio, i revenge movie sono riusciti ad uscire da quell’antica etichetta di film di serie B, portando violenza bruta e voglia di rivalsa sempre più ad un pubblico mainstream. Aiutati dall’Oriente il genere sta vivendo una nuova epoca d’oro, Sweet Girl cerca di saltare su quel filone che da John Wick in poi anche in termini di botteghino sta premiando i registi che cercano di cimentarsi nel genere. Fortemente voluto da Jason Momoa, qui oltre che come protagonista anche nelle vesti di produttore, approda su Netflix il film diretto da Brian Andrew Mendoza.
Ray Cooper (Jason Momoa), dopo la perdita della moglie malata di cancro, giura vendetta alla BioPrime, casa farmaceutica la quale improvvisamente ha ritirato un promettente farmaco dal mercato che avrebbe potuto salvare la moglie. Insieme alla figlia Rachel (Isabela Merced) inizia un personale percorso di vendetta contro il colosso farmaceutico, cercando di addentrarsi tra i tentacoli della corruzione.
Ricercato e braccato, solo con la figlia per le strade di Pittsburgh, Ray cercherà di portare a termine la sua giustizia. Non tutto è come sembra: un colpo di scena troppo forzato farà crollare il castello di carte costruito precedentemente sulle deboli fondamenta di una sceneggiatura troppo blanda, scritta da Gregg Hurwitz e Philip Eisner.
Sweet Girl tocca ma non approfondisce tematiche interessanti: la questione dell’assistenza sanitaria, il capitalismo abbracciato alla sanità, la corruzione alimentata dalle lobby politiche. Interessanti spunti di riflessione, lasciati però solo sullo sfondo per dare spazio ad una caccia all’uomo come tante se ne sono già viste. Concentrandosi sul rapporto padre-figlia, la pellicola svela il suo lato più positivo: uniti dal dolore Ray e Rachel formano una coppia atipica ed affiatata. Merito soprattutto dei due attori, in particolare nelle fasi iniziali, quando il dolore per la perdita della moglie e madre è ancora vivido.
Jason Momoa e Isabela Merced escono rafforzati da quest’esperienza: il primo era abbastanza prevedibile potesse a trovarsi a suo agio tra violenza muscolare e vendetta; la vera scoperta è la giovane attrice che lo affianca. La Merced riesce a tenere testa all’attore hawaiano, lanciatissimo nell’olimpo supereroistico con Aquaman, e lo fa con una prestazione attoriale e atletica sorprendente; non è un caso che il titolo si riferisca proprio al suo personaggio. Entrambi dimostrano di aver compreso i crismi del genere, dando vita a personaggi credibili insieme a tutto il resto del cast. Forza del cast che non viene però sorretta da altrettanta forza negli altri comparti artistici.
Bocciato il debutto alla regia di Brian Andrew Mendoza, collaboratore dello stesso Jason Momoa nelle vesti di produttore. Mancano la presa ed il coraggio necessari per girare pellicole del genere, manca il dinamismo nelle scene d’azione. Anche nel momento del colpo di scena che vorrebbe ribaltare la narrazione, la storia si accartoccia e perde inesorabilmente forza. Nella loro apparente semplicità i film di vendetta nascondono parecchie insidie, e Sweet Girl cade a peso morto davanti a questi ostacoli. Una pellicola che si perde lungo il suo cammino, già vista ed anonima: nella strada della vendetta svanisce l’ottima prova degli attori e si allontana lo spettatore.