Taormina Film Festival Day 5: Oliver Stone riceve il premio Angelo D’Arrigo e presenta il documentario Revealing Ukraine, di Igor Lopatonok, nel quale intervista Vladimir Putin
A cura di Tonino Cafeo
La quinta “puntata” del 65o Taormina Film Fest ha avuto come protagonista pressoché assoluto il presidente della giuria Feature Film Competition Oliver Stone.
L’autore, che ha fatto la storia del cinema del secondo novecento con titoli come Platoon e Nato il 4 luglio (Oscar come miglior regista); JFK (Golden Globe come miglior regista), Talk Radio, Alexander, Ogni maledetta domenica, Wall Street, è stato omaggiato dalla rassegna taorminese con il premio Angelo D’Arrigo e ha anche presentato il documentario Revealing Ukraine, di Igor Lopatonok, di cui è produttore esecutivo e collaboratore d’eccezione, avendo realizzato le interviste a Vladimir Putin, che occupano una parte importante dei novantadue minuti del film.
Stone lo ha ribadito anche agli studenti della masterclass del giorno: i suoi film affrontano di petto la realtà, provano a spiegarla e a metterne in luce gli aspetti più controversi e oscuri. La storia contemporanea è il cuore della sua filmografia fin dagli esordi nel lungometraggio con Salvador e Platoon.
“Sono del 1946”, ha spiegato il regista, “ho visto la guerra del Vietnam e il deterioramento che ha provocato nella società americana. L’avanzare del militarismo e del culto della guerra e del potere, specialmente a partire dagli anni di Reagan e Bush.” “Noi americani” ha proseguito, “siamo ciechi, non ci interessa quello che accade nel mondo. Ci sentiamo al centro di tutto”. Il rimedio a questa cecità è allora un cinema che allarghi gli orizzonti della conoscenza. “Devo ringraziare la cultura europea“ ha sottolineato “e le chiacchiere che da bambino scambiavo con mio cugino francese se ho scoperto che esiste un punto di vista diverso da quello del governo degli Stati Uniti e oggi sono in grado di farlo conoscere a tutti”.
Il trauma della guerra del Vietnam ricorre spesso nelle riflessioni di Oliver Stone. “Nato il 4 luglio”, ha raccontato ieri, “segue la vita di Ron Kovic, un mio caro amico ancora oggi impegnato nella lotta contro tutte le guerre, dagli anni ’50 agli anni ’70. Nel film ho voluto far notare la differenza fra il prima e il dopo il confitto; la perdita dell’innocenza, che ha condotto una parte della società americana nella giusta direzione, verso la difesa degli ideali di pace e giustizia, ma che ha spinto un’altra parte dei miei concittadini, soprattutto dagli anni di Reagan in poi, a sostenere una politica arrogante e aggressiva”.
Parlando di JFK, il pluripremiato film sull’omicidio del presidente Kennedy, Stone ha introdotto la sua seconda “ossessione”: quella per un cinema “che renda migliori i cittadini” raccogliendo quelle informazioni che i media mainstream non fanno arrivare alla gente comune, confusa da tonnellate di informazione spazzatura. I suoi ultimi film, come Snowden, prodotto grazie a finanziamenti tedeschi e francesi, però non riscuotono grande successo in patria. Stone ha spiegato la cosa come frutto del bombardamento di fake news: “siamo in un mondo che somiglia molto a quello narrato da George Orwell in 1984”, ha assicurato. Da qui l’interesse crescente per il documentario. “Fra i miei prossimi progetti un film che metta a disposizione del pubblico tutte le informazioni sul caso Kennedy uscite dopo il mio JFK”.
Stone ha spiegato così anche il sostegno a progetti come Revealing Ukraine, una narrazione tesa e concitata che racconta i cambi di governo in Ucraina, la guerra civile in Donbass, come frutto delle ingerenze europee occidentali e americane nelle vicende che riguardano la Federazione Russa e i suoi alleati storici nella regione. “Il governo del mio paese” ha affermato il regista, “ha progetti di destabilizzazione per l’Ucraina, per la Cina, per Cuba, per il Venezuela, per la Siria. L’Europa in tutto questo ha perso la sua indipendenza. Non c’è più un presidente come il francese Chirac che fu capace di rifiutare la seconda guerra contro l’Irak”.
Oliver Stone ha insistito molto sul concetto di guerra informativa che gli Stati Uniti avrebbero messo in atto per destabilizzare la Siria “Un paese” a suo dire “che godeva di relativa libertà e stabilità”, mentre la vicenda ucraina “serve a fare pressioni sulla Federazione Russa”. Intanto “trascuriamo la lotta ai mutamenti climatici” per “controllare paesi che stanno a decine di migliaia di chilometri dai confini degli USA”.
Come opporsi a uno scenario così cupo? La testimonianza che Oliver Stone ha reso al pubblico taorminese è chiara: “coltivando la creatività oltre che la rabbia, accanto a una visione spirituale dell’esistenza.” Non poteva mancare, a tale proposito, un’ultima considerazione politica: “Se gli Stati Uniti cercassero dei partners nel mondo potrebbero fare cose grandi al servizio dell’umanità intera. L’esplorazione dello spazio ad esempio”. Allargare ancora i propri orizzonti, dunque. E’ il sogno che John Kennedy indicò agli americani all’inizio degli anni sessanta e che pervade il cinema di Oliver Stone come una magnifica ossessione.
Tonino Cafeo