Tatami recensione film di Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi con Arienne Mandi, Zar Amir Ebrahimi, Jaime Ray Newman e Ash Goldeh
Tatami è un film sorprendente.
Una donna rappresenta l’Iran al torneo mondiale di judo, combattendo ogni altra sfidante una alla volta. Anche solo l’ipotesi di poter trovare la rappresentate di Israele in finale terrorizza il governo iraniano. A ogni incontro arriveranno dall’esterno del palazzetto notizie sempre più pressanti per la protagonista che combatte non solo nel torneo, ma anche contro se stessa. La volontà di vincere e di non farsi abbattere dal governo oppressore come tante altre donne prima di lei (tra cui la sua coach) fa a pugni con la paura che gli agenti dello stato sequestrino la sua famiglia.
La pellicola, presentata a Venezia 80 e diretta da Zar Amir Ebrahimi e Guy Nattiv, con la sua ora e quaranta di durata tiene incollato lo spettatore con una tensione che cresce a ogni minuto. La dinamica del torneo tiene alta l’attenzione, sapendo che ogni scontro sarà più duro e nel frattempo la posta in gioco si alza sempre più. La fotografia di Todd Martin è ottima, la scelta dei fuochi è dinamica e il bianco e nero rende tutto asettico. Perché in contesti internazionali siamo tutti uguali, nonostante si rappresentino stati diversi. La regia non abbandona mai la protagonista e la sua coach. Viviamo in prima persona la pressione che cresce e la durezza degli scontri. Il sudore, il sangue, le lacrime. Rendere dinamico uno sport come il judo non è facile. Dove uno scontro può durare anche pochi secondi ed è molto basato sulla tecnica.
Un plauso ai due registi e sceneggiatori, ma soprattutto un plauso alla protagonista, Arienne Mandi. Una donna oppressa in tutto. Dal velo che è costretta a portare alle pressioni psicologiche e fisiche imposte dal governo iraniano. L’unica persona che non la tratta come tutti gli altri è il marito, che le darà la forza di resistere e andare avanti nel torneo. È un po’ la forza delle nuove generazioni che dicono no alle regole imposte e scelgono di essere più cittadini del mondo che appartenere a un paese che non rispetta chi lo rappresenta.
Gli occhi espressivi di Arienne Mandi e il tatami sono i veri protagonisti del film. Attraverso essi percepiamo la fatica e il tormento della giovane combattente. Il palazzetto di Tblisi in Georgia fa da sfondo alla storia ed è fondamentale. Perché la Georgia è un territorio neutro dove L’Iran non ha il controllo ed è al confine tra Asia ed Europa. Qui, le azioni del singolo possono fare la differenza. Magari una parte terza che guarda tutto da un occhio esterno e che è ben consapevole di ciò che accade. Si può far spallucce o dire basta, come in fondo sceglie di fare la protagonista.
La dinamica del torneo può far pensare a un film appartenente alla categoria shōnen o a un Mortal Kombat. Il film cresce di tensione e gli scontri sono sempre più duri ma non vuole essere tamarro o adrenalinico. Tatami riesce a far tenere perennemente alta la guardia e a non perdere mordente. La durata concisa aiuta inoltre a far sentire ogni minuto, ogni colpo.