Ted Lasso 3 recensione serie TV Apple TV+ di Jason Sudeikis e Bill Lawrence con Jason Sudeikis, Hannah Waddingham, Brendan Hunt, Jeremy Swift, Juno Temple, Brett Goldstein, Phil Dunster e Sarah Niles
Qualcuno ha recentemente indicato, nelle mutevoli forme del consumo audiovisivo, il fenomeno della comfort TV, traslando nell’ambito dell’intrattenimento quella pratica che associa una sensazione di protezione, rilassatezza e nostalgia a determinati alimenti.
Un conforto può essere rappresentato non soltanto dalle madeleines di Proust ma anche da film e serie TV con cui è scattato un particolare click emotivo. Normalmente si fa riferimento a elementi che riecheggiano la nostalgia del passato, ma è dura tenere fuori dalla categoria il fenomeno Ted Lasso, giunto ora alla terza stagione su Apple TV+. Forse perché lo show di Jason Suidekis e Bill Lawrence riesce nell’impresa di essere contemporaneamente classico ed innovativo.
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Nel corso di uno dei quattro episodi, il coach del Richmond AFC si chiede spesso cosa ci faccia ancora al comando del team non solo perché ha raggiunto il livello più alto della competizione sportiva – vista la promozione della squadra nella massima serie calcistica inglese – ma perché la sua vita continua ad essere fondamentalmente un casino.
Un conto è il caso che ti porta alla ribalta facendoti diventare un personaggio amato trasversalmente, altra invece è la sensazione di non essere la persona giusta in quel momento. Basta la vecchia e comoda coperta di lana o c’è bisogno di un nuovo tessuto sintetico che riduce al minimo la dispersione del calore disponibile in tonalità sgargianti e cool?
Ted Lasso affronta la questione nella narrazione stessa, lavorando sullo stesso telaio di problemi e relazioni imbastito nelle stagioni precedenti. Vengono aggiunte, però, sottotrame che ammiccano alla realtà al di fuori della verosimile Premier League di Apple TV+ e che si scagliano contro la gentilezza della formula Lasso.
Si parla di nuovi innesti nel gruppo squadra, di omosessualità, di macchina del fango – forse sarebbe meglio parlare di acque nere – ma rimane sempre tra le linee la necessità di offrire un approccio soffuso, lontano dal frastuono della quotidianità.
C’è una cosa a cui il protagonista rimane fedele, pur affrontando i cambiamenti richiesti dalle regole e dal livello del gioco, e questo è il rispetto dei valori umani e relazionali. Una cosa talmente scontata e banale da aver fatto divenire una boutade commerciale la serie TV da vedere.
Ted Lasso è ciò che si vuole vedere per rinfrancare lo spirito e per riconnettersi alla dimensione più autentica dello sport. Proprio attraverso una delle più profonde miniere d’oro esistenti al mondo e probabilmente la più incurante della dimensione umana del proprio business: il calcio.
Ah, e provate a dire che Zava – intuizione geniale – non è la versione fruibile senza dispute legali o commerciali di Zlatan Ibrahimović.