The Animal Kingdom recensione film di Thomas Cailley con Romain Duris, Paul Kircher e Adèle Exarchopoulos [Anteprima]
Il concetto alla base di The Animal Kingdom è la mutazione del corpo. Di base non è certo un’idea innovativa essendo presente nella cultura popolare da decenni, da un lato figlia della paura dell’atomica (e del potere della scienza in generale), dall’altro metafora dei mutamenti fisici durante l’adolescenza.
Il secondo lungometraggio di Thomas Cailley, che ha aperto la sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2023, parte abbracciando principalmente il secondo spunto. Protagonista è infatti il sedicenne Émile Marindaze il quale scopre che il proprio corpo sta subendo una mutazione che lo renderà gradualmente sempre più simile a un lupo umanoide. Il ragazzo non è il primo caso: in tutto il mondo varie persone stanno diventando ibridi uomini-animali. Anche la madre dello stesso Émile è vittima della stessa sconosciuta “malattia” (il richiamo ai traumi del COVID-19 si fa sentire) ed è ormai più bestia che donna.
Come detto, nel soggetto non c’è nulla di nuovo. Il mondo supereroistico è pieno di adolescenti che attraversano cambiamenti di questo tipo. In particolare, l’idea di una mutazione globale non può non far pensare al fortunato brand degli X-Men. Similmente agli eroi della Marvel, il regista sfrutta lo spunto di base per riflettere sui disagi della crescita, sul rapporto coi compagni di scuola e i genitori (in particolare quello di Émile con il proprio padre, diviso tra la volontà di ritrovare la moglie trasformata e le difficoltà nel preservare la sicurezza del figlio). Soprattutto denuncia le reazioni della società dei “normali” completamente incapaci (anzi, sarebbe meglio dire “non vogliosi”) di comprendere qualcosa di diverso da loro.
L’elemento più innovativo e interessante del film risiede nel rapporto che i mutati hanno con la propria condizione. Infatti in tutte le opere con protagonisti uno o più adolescenti che si trasformano il cambiamento ha valenza principalmente positiva. Possono esserci alcuni svantaggi, ma alla fine del discorso narrativo il mutamento evidenzierà sempre lati principalmente positivi e desiderabili.
The animal kingdom evidenzia invece tutte le difficoltà sia a livello fisico sia relazionale che una simile condizione comporterebbe, senza ammantarla di elementi patinati o del fattore cool tipico dei supereroi (i già citati X-Men hanno sì delle difficoltà a gestire le proprie mutazioni ma alla fine prevale sempre la spettacolarità dei poteri che acquisiscono).
Non tutte le tematiche introdotte vengono affrontate in maniera approfondita – ad esempio la relazione romantica del protagonista con una compagna di classe è appena abbozzata – ma si tratta di un limite tipico di questo tipo prodotti: le implicazioni di questa premessa sono così variegate che trattarle in un unico film sarebbe impossibile.
Ma l’inedito approccio al tema, unito a un’efficace messinscena (un plauso in particolare per gli ottimi effetti visivi) riesce a sopperire a qualche limite narrativo garantendo la riuscita del progetto.