The Brutalist recensione film di Brady Corbet con Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn e Alessandro Nivola
Uno dei film rivelazione di questa edizione dell’81° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è sicuramente The Brutalist del regista americano Brady Corbet, già in concorso a Venezia nel 2018 con Vox Lux.
Con una durata di 3 ore e 20 minuti (senza contare l’intervallo di 15 minuti voluto dal regista stesso) e un cast stellare che vanta la presenza di Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce e Joe Alwyn, The Brutalist è una delle operazioni cinematografiche più interessanti degli ultimi anni.
Girato interamente in 70 mm, il film del regista statunitense è una vera e propria architettura visiva che pone lo spettatore in una condizione alla quale è del tutto disabituato. Ci troviamo infatti di fronte a un racconto complesso e stratificato che abbraccia un lungo arco temporale.
Protagonista della pellicola è il geniale architetto brutalista László Tóth (Adrien Brody) il quale, sopravvissuto al dramma dell’Olocausto nella sua terra natale, arriva a New York con la speranza di iniziare una nuova vita. Grazie all’ospitalità del cugino Attila (Alessandro Nivola), viene inizialmente chiamato a rinnovare la biblioteca di un ricco imprenditore, Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce) per poi guadagnarsi la sua fiducia che lo porterà a ricevere la commissione di un imponente edificio in onore della defunta madre dell’imprenditore.
László, nonostante il suo talento come architetto in grado di realizzare grandi opere, è nato in condizioni di estrema povertà e disagio. Tuttavia, questo non sarà mai sufficiente a colmare il profondo divario di potere tra lui e Van Buren, che sfrutterà questa vulnerabilità per esercitare un costante ricatto morale e fisico su di lui.
Tutta il racconto ruota intorno a questo grande progetto presentando a corollario una serie di ricchi rimandi a diverse tematiche di stampo politico, sociale e culturale che trovano il proprio centro nella denuncia del sistema capitalistico che da lì a pochi anni avrebbe visto la sua massima crescita.
Un film dalle diverse anime che raccoglie in sé molteplici universi fatti di divari e opposti: László è un artista geniale e culturalmente superiore alla maggior parte delle persone di alta borghesia che incontra sul proprio cammino ma allo stesso tempo è vittima di una tragica dipendenza da droghe così come Van Buren è un ricco e potente magnate che si rende protagonista della costruzione di uno dei più grandi edifici mai realizzati per la propria comunità ma nasconde a familiari e amici segreti inconfessabili che potrebbero, se svelati, distruggere la sua reputazione in un solo istante.
Tutti i personaggi all’interno del film sono alla disperata ricerca di veder realizzato il proprio sogno e fanno tutto ciò che è in loro potere per riuscirci, fino a quando il prezzo da pagare non diventerà troppo alto.
The Brutalist è una pellicola che parla di noi, di un capitalismo che apparentemente ci offre delle opportunità ma allo stesso tempo ci rende schiavi di un mondo che vive di opportunismi e ipocrisie all’interno del quale siamo tutti vittimi e carnefici in cerca della realizzazione della nostra più grande e ambiziosa opera, così come fece László con le sue architetture.
Brady Corbet costruisce una regia geometrica all’interno della quale convivono sorprendenti inquadrature panoramiche che svettano sulle architetture brutaliste di László e le brillanti cave di marmo di Carrara e emozionanti primissimi piani che esaltano le magistrali interpretazioni di Brody, Pierce e Jones, i quali supportano con maestria e precisione una sceneggiatura ricca ed eterogenea in grado di sfidare le regole della cinematografia contemporanea.