The Flash recensione film di Andy Muschietti con Ezra Miller, Michael Keaton, Sasha Calle, Ben Affleck, Michael Shannon, Ron Livingston, Maribel Verdú, Kiersey Clemons e Antje Traue
“Ci sono problemi che non hanno una soluzione”, dice Nora Allen a un giovane Barry, ancora bambino. Ed è su questa frase, su questo concetto che si innesta, non soltanto un intero film, ma anche la parabola di un intero studio di produzione, i DC Studios, ora sotto una nuova egida. Certi problemi non li puoi risolvere, puoi solo lasciarli andare. Così hanno deciso di fare James Gunn e Peter Safran, neo CEO della divisione cinematografica DC, quando hanno proposto il loro piano decennale per il nuovo DCU (ex DCEU): un reset completo, un colpo di spugna per sperare di dare un nuovo assetto – coeso, concreto, avvincente – ai prossimi progetti e provare così a minare lo strapotere della Marvel (che sembra altrettanto persa, ma questa è un’altra storia).
Sul sopraccitato innesto si basa The Flash, ultima fatica targata DC, diretta da Andy Muschietti, con protagonista Ezra Miller nel (doppio) ruolo del velocista scarlatto Barry Allen. Gli eventi del film sono quelli narrati da Flashpoint di Geoff Johns e Andy Kubert: desideroso di impedire la morte di sua madre Nora, Barry torna indietro nel tempo, ma nel farlo spezza il continuum spazio-temporale e crea una realtà parallela, in cui la sua famiglia è unita e felice, ma le minacce contro la Terra non sono cessate e non c’è traccia di metaumani e kryptoniani che possano salvarci.
The Flash non è una origin story, o non del tutto, perlomeno. È più una summa di tutti i What if, di tutte le infinite possibilità che DC non ha voluto (saputo) cogliere, è un mix a tratti confuso di vecchio e di nuovo, una corsa attraverso il tempo che porta a una sola destinazione: l’ignoto. Dopo The Flash nulla sarà più come prima e questo spaventa, perciò, persino il film non si preoccupa di dare una direzione alla sua storia: non dobbiamo salvare il futuro, quello non ci riguarda.
Il vero compito di The Flash è farci dire addio, in maniera degna, a ciò che abbiamo conosciuto del mondo DC. E per farlo, Muschietti richiama una vera icona, il Batman che non aveva più indossato la sua tuta da trent’anni anni e, come Michael Keaton si è emozionato nel rivedersi lì nella Batcaverna, così è esploso il pubblico nel rivedere un Bruce Wayne invecchiato e disilluso, ma pronto a tornare a sperare.
Non è un film perfetto, The Flash, ma è onesto nel suo amore per il mondo che lascia indietro, è una storia intrisa di cultura pop – vi verrà voglia di riguardare Ritorno al Futuro – di amore per i fumetti e per le sue storie. È un film nel quale i veri villain non sono gli alieni che arrivano dal cielo, ma i rimpianti che ci attanagliano e l’ostinazione a non lasciar andare ciò che non può essere salvato. The Flash compie la sua missione fino alla fine e assolve il suo dovere nei confronti delle enormi aspettative del fandom, facendoci dire addio al precedente DCEU con gli occhi lucidi, consapevoli di ciò che lasciamo e dell’ignoto, speranzoso futuro che ci attende con il nuovo universo cinematografico DCU.