The Goldfish: Dreaming of the Sea recensione del film di Ogawa Sara con Ogawa Miyu, Hanada Runa, Serizawa Tateto, Fukuzaki Nayuta e Yamada Kinuwo
Cosa sognano i pesci rossi? Probabilmente un’enorme manciata di mangime da scorpacciare, con il rischio di morirne, o forse il mare da cui sono stati strappati. È un po’ quello che fa Hana (Ogawa Miyu), una ragazzina di 18 anni costretta in una casa-famiglia da almeno 10 anni per un crimine commesso dalla madre. Era felice, aveva appena comprato un pesciolino ad una festa di paese prima di scoprire che qualcuno la stava portando via tra le lacrime. Una sola indicazione: “Fai la brava, Hana“.
È un momento clou di The Goldfish: Dreaming of the Sea, svelato in un flashback durante la parte centrale film, ma che illumina la narrazione e ci informa del segreto nascosto dalla protagonista: è lei il pesce rosso costretto nella boccia che passa il tempo ad aspettare tranquilla il prossimo pasto, seguendo all’estremo le ultime indicazioni della madre. Il tormento di una separazione riaffiora di volta in volta sotto forma di sogni e inquietudini, fino a farsi carne nelle sembianze della piccola Harumi, una nuova e silenziosa ospite della Casa del Cielo.
L’incontro-scontro tra due spiriti affini, legati da sofferenze atroci e profonde fragilità, è la rottura della calma piatta a cui Hana sembra essere irrimediabilmente destinata e l’inizio della resa dei conti con sé stessa in un processo lento di liberazione ma inesorabile, fatto di suggerimenti e silenzi estremamente loquaci.
Sara Ogawa dirige il suo quarto lungometraggio presentato per la prima volta al Far East Film Festival 23 prediligendo emozioni e sensazioni in una narrazione che, nonostante un certo lirismo, non perde mai i contatti con la realtà. La durata, gli sguardi in camera dei piccoli attori, la metafora del pesce rosso, sono tutte indicazioni di una storia che vuole muoversi in un contesto estremamente intimo ma ordinario, in cui lo spazio personale è estremamente limitato. L’unica soluzione è il vasto e apparentemente infinito mare, con cui si apre e chiude il film, in cui anche un pesce rosso può sentirsi libero.