The King’s Man – Le origini recensione film di Matthew Vaughn con Ralph Fiennes, Gemma Arterton, Rhys Ifans, Tom Hollander e Harris Dickinson
È il 1902 e il Duca di Oxford, Orlando (Ralph Fiennes), si reca in Sudafrica come rappresentante della Croce Rossa. Ex soldato, convinto pacifista e importante figura della corte britannica, è la persona giusta per confrontarsi con il generale Kitchener (Charles Dance) sul terribile comportamento dei militari britannici durante la seconda guerra boera. Ad accompagnarlo ci sono sua moglie Emily (Alexandra Maria Lara) e il giovane figlio Conrad (Harris Dickinson). Poco prima di tornare a casa, un ribelle boero ferisce a morte Emily che, nei suoi ultimi attimi di vita, si fa promettere dal marito che terrà sempre loro figlio al sicuro.
Passano dodici anni e l’ombra della Prima Guerra Mondiale aleggia minacciosa sopra un’Europa mai prima di allora così politicamente divisa. Vecchi rancori familiari riemergono fra tre importanti figure storiche: lo zar Nicola II, il kaiser Guglielmo II e il re Giorgio V (tutti interpretati da Tom Hollander), capricciosi cugini cresciuti alla corte della nonna (la regina Vittoria) e ora al comando delle tre maggiori potenze militari del Vecchio Continente. Conrad ha diciassette anni e arde dalla voglia di combattere per il suo Paese, mentre suo padre è assolutamente contrario: ha conosciuto in prima persona gli orrori della guerra e vuole proteggere il figlio a tutti i costi.
Ci sono altri modi di servire la propria nazione, meno pericolosi e maggiormente utili. Orlando, infatti, insieme alla sua guardia del corpo/tuttofare Shola (Djimon Hounsou) e alla brillante tata Polly (Gemma Arterton), ha costruito negli anni una rete di spie che si dirama in tutti i centri del potere politico internazionale, grazie alla quale è venuto a conoscenza di un terribile piano. Un misterioso individuo dall’accento scozzese ha riunito intorno a sé le più perfide menti criminali del mondo per un progetto di conquista che forzerà lo scoppio del conflitto mondiale. Orlando e Conrad dovranno scendere in campo per salvare la vita di milioni di persone.
The King’s Man – Le origini è il terzo capitolo del franchise cinematografico basato sull’omonima serie a fumetti creata da Mark Millar e Dave Gibbons.
Il regista Matthew Vaughn abbandona le avventure dei personaggi interpretati da Taron Egerton e Colin Firth nei precedenti Kingsman – Secret Service e Kingsman – Il cerchio d’oro, in favore di un prequel che racconta le epiche origini dell’agenzia di intelligence indipendente Kingsman, giocando con la Storia.
Dietro eventi storici accaduti come la Prima Guerra Mondiale o la Rivoluzione russa c’è la mano di una temibile organizzazione segreta di “super-cattivi”, una sorta di Spectre di bondiana memoria.
Gavrilo Princip, Grigorij Rasputin, Mata Hari e Lenin sono tutti al servizio di un misterioso Pastore dal marcato accento scozzese. Uno spunto brillante che non può che avvalersi di un cast ampio e di grande spessore.
Ralph Fiennes è un ottimo padre iperprotettivo e soffocante, Harris Dickinson un efficace figlio bisognoso di intraprendere la sua strada. Il loro rapporto è molto convincente ed entrambi eccellono sia nella recitazione fisica che in quella drammatica.
Rhys Ifans mette in scena un Rasputin meraviglioso. Libidinoso, drogato e completamente folle, le sue scene sono tra le migliori di tutto il film. Si vede il grande lavoro fatto per calarsi nei panni di un personaggio già di per sé pieno di fascino, che l’attore riesce a rendere ancora più carismatico, trovando una sintesi non facile tra la necessità di essere fumettistico e quella di non esagerare.
La scelta di affidare al bravissimo Tom Hollander la contemporanea interpretazione di Giorgio V, Nicola II e Guglielmo II è brillante: i tre regnanti, infatti, erano cugini e si somigliavano molto, tanto che erano soliti scambiarsi gli abiti per scherzo in diverse foto dell’epoca. Djimon Hounsou è come sempre perfetto nei ruoli d’azione, ma qui riesce a trovare anche un’inedita chiave ironica. Gemma Arterton è l’unico personaggio femminile che si possa definire tale in tutto il film. Purtroppo, però, è un personaggio tagliato con l’accetta che sembra inserito solo come token.
Diversamente dai capitoli precedenti, in The King’s Man – Le origini l’esagerazione e l’umorismo sono molto ridimensionati, probabilmente per via del periodo storico in cui la vicenda è ambientata.
L’opera è nel complesso più seria, più solida e più drammatica.
Vaughn sacrifica l’identità stilistica che aveva contraddistinto le prime due pellicole, ma allo stesso tempo dimostra di essere un regista talentuoso e poliedrico.
Non soltanto combattimenti acrobatici a ritmo di musica cui eravamo abituati (che pure sono presenti e, come sempre, variegati e coreografati alla perfezione), ma spazio anche alla recitazione drammatica.
Le sequenze di guerra sembrano uscite direttamente dal 1917 di Sam Mendes e, tra gli altri guizzi interessanti, va menzionata una bellissima transizione da una cartina al vero e proprio campo di battaglia.
Anche i temi trattati sono meno leggeri rispetto ai capitoli precedenti. Vaughn critica la nobiltà, la guerra e fa un ottimo lavoro di demistificazione del concetto di eroismo bellico.
Costumi e ambienti al solito sono estremamente curati. Si notano le forti influenze della saga di 007, di Downton Abbey e della serie The Crown, e anche le musiche sono azzeccate.
Il vero grande difetto è nella sceneggiatura dello stesso Vaughn e di Jane Goldman e Karl Gajdusek che, se nella prima parte riprende il rapporto mentore-allievo del primo capitolo, nella seconda lo abbandona improvvisamente. Forse nel tentativo di costruire qualcosa di originale, questa scelta finisce per indebolire la pellicola dal punto di vista narrativo e ritmico. Rasputin è un personaggio talmente grande da oscurare qualsiasi antagonista venga dopo di lui, e infine molti personaggi sono poco più che semplici comparse, anche se interpretati da grandi nomi come Charles Dance o Daniel Brühl.
In conclusione, The King’s Man – Le origini è un buon prodotto di intrattenimento, con una storia nel complesso divertente, tantissima azione, colpi di scena, e che non si prende mai troppo sul serio. È però anche una pellicola un po’ sbilanciata, che sembra voler dire e fare troppe cose e che cala dopo un particolare evento.
Dopo un secondo capitolo sottotono, l’idea di giocare con fatti e personaggi storici potrebbe essere un nuovo corso interessante per il futuro della serie.
Attenzione: contiene scena post-credits.