The Midnight Club recensione serie TV di Mike Flanagan con Iman Benson, Heather Langenkamp, Zach Gilford, Samantha Sloyan, Matt Biedel, Igby Rigney, Ruth Codd, Annarah Cymone, William Chris Sumpter, Adia e Aya Furukawa
The Midnight Club è una straordinaria serie macabra che conferma Mike Flanagan come il re dell’horror Netflix. Da Hush ad altri titoli come Il gioco di Gerald, The Haunting of Hill House, The Haunting of Bly Manor e Midnight Mass, il regista ha infuso tanta gioia negli amanti del genere.
Ciò che la distingue dalle altre storie dell’orrore soprannaturale è che la morte non ne costituisce la componente principale. La serie gioca su due grandi punti per affascinare il pubblico: il primo è il club di mezzanotte a cui allude il titolo; il secondo è il mistero che aleggia nella casa. Ovviamente c’è più di tutto questo, ma l’insieme è ben dosato grazie alla perfetta combinazione di horror e dramma.
Un gruppo di ragazzi malati terminali trascorre gli ultimi giorni in un ospizio avendo in comune soltanto la consapevolezza della morte prematura. Durante il giorno, i giovani pazienti di Brightcliffe metabolizzano i loro complicati sentimenti in sessioni di gruppo guidati dalla mano calda e ferma della dottoressa Stanton (Heather Langenkamp). Ma è alle riunioni non autorizzate del Midnight Club che i ragazzi si aprono davvero l’un con l’altro.
Si ritrovano ogni sera a mezzanotte in biblioteca per raccontarsi storie spaventose ideate da loro stessi. Storie che sono create traendo ispirazione dalle rispettive paure, esperienze, frustrazioni e sogni infranti. Ognuno dei racconti ci immerge in una singolare esperienza che intreccia horror, fantascienza e noir.
Inoltre i ragazzi sono curiosi di sapere cosa succede “dopo” e questo li porta a stringere reciprocamente un patto: il primo a morire dovrà inviare agli altri un segnale dall’aldilà.
L’alchimia tra loro è così brillante che non ci vuole molto ad entrare in empatia con ognuno di essi. La loro immaginazione e le emozioni che trasmettono catturano sin dal primo momento. Parlano di argomenti come la fede, la morte e la famiglia. Temi che, seguendo la filmografia del regista, sono tanto ricorrenti quanto accattivanti.
The Midnight Club, basato su un romanzo del 1994 di Christopher Pike, è una serie diversa dalle altre che Mike Flanagan ha realizzato per Netflix, ma il risultato è parimenti eccellente. Combina perfettamente storie di fantasmi e horror psicologico con il dramma, grazie all’ottimo sviluppo dei personaggi e dei dialoghi. Non nasconde il suo amore per i film di questo genere e lo mostra con tanti riferimenti, dalle citazioni alle locandine dei film.
Un viaggio attraverso le paure e la consapevolezza della vita come evento inspiegabile. Cosa ci fa temere la morte? È una domanda che la serie ripete in più occasioni e la utilizza come spazio per approfondire tanti argomenti contemporaneamente.
La morte a Brightcliffe è inevitabile. Non si torna indietro e dal primo episodio si capisce cosa accadrà. Come è successo nelle altre serie di Flanagan, il terrore convenzionale viene messo da parte per concentrarsi sul dramma dei personaggi.
La narrazione non è la performance di un virtuoso solista, ma la sinfonia di un’orchestra. Il futuro sta per arrivare inesorabilmente, l’orizzonte è già definito e possiamo solo accettarlo. Ma parlarne, aprirsi con altri che hanno lo stesso destino forse può essere lenitivo, addolcendo gli spigoli bui della morte.
The Midnight Club è uno splendido esercizio di equilibrismo che si snoda tra diversi generi ed emozioni potenti, una serie che non lascia spazio all’analfabetismo emotivo o ad occhi che non siano umidi.