The New Pope recensione degli episodi 2 e 7 della serie TV diretta da Paolo Sorrentino con Jude Law, John Malkovich, Silvio Orlando, Cécile de France, Javier Cámara, Ludivine Sagnier
Abbiamo già detto, da qualche parte, come la nuova serialità televisiva sia una delle forme espressive dell’audiovisivo più importanti, degli anni Dieci e dei prossimi anni Venti: bene ha fatto allora Barbera ad intercettare le nuov(issim)e tendenze e, contrariamente a Cannes, aprire le porte del Festival più bello del mondo alle serie TV, annoverandole implicitamente – e legittimamente – come Cinema.
The Young Pope era stato l’esplosivo esordio di Paolo Sorrentino, uno dei migliori registi italiani di ultima generazione, salutato proprio in laguna un paio di anni fa, prima del trionfale approdo su Sky: era allora quasi inevitabile che The New Pope, la seconda stagione che prosegue a stretto giro cronologico le vicende della prima, fosse inaugurato sempre al Lido. Leggermente straniante (leggi, deludente) la scelta di mostrare gli episodi 2 e 7: che se dal punto di vista logico e strettamente artistico può essere una scelta comprensibile, non lo è da quello narrativo, che è poi quello che si dovrebbe privilegiare quando si tratta di racconto su trame orizzontali e verticali insieme.
Nonostante queste considerazioni a latere, The New Pope continua e arricchisce il sentiero che Sorrentino aveva tracciato con i suoi primi dieci episodi: un confine tra grande e piccolo schermo sempre più smarcato, e la chiusura di un cerchio per uno sguardo (quello di Paolo come regista) immenso e geniale ma che trova il suo compimento proprio nella narrazione a lungo termine.
Il respiro più ampio dà infatti modo al regista di ammorbidire le sue ossessioni visive – che si muovono su coordinate sempre più felliniane, sempre più intransigenti, sempre più geometriche – all’interno di un film lungo dieci ore, che permette di allungare a dismisura i tempi ma anche di dare il giusto ritmo ad un racconto che vuole essere astratto e contemporaneo allo stesso tempo. Le vicende dei tre (…) Papi del serial Sky ricalcano in maniera fin troppo aderente la storia vaticana recente e non: ma Sorrentino punta al rialzo, e innesta altre trame e sottotrame colorando la storia di nuovi e appassionanti misteri.
Incorniciato dalla fotografia, come sempre splendida, di Luca Bigazzi, e preceduto da sigle che sembrano pigiare l’acceleratore su una leggera blasfemia e che probabilmente saranno una diversa dall’altra per ogni episodio, The New Pope cambia in parte la direzione testuale del primo capitolo: dove là si indagava la Chiesa nell’ottica di un’istituzione del potere, piena di personaggi accentratori di egemonia, catalogo di depravazioni morali (traccia distintiva all’interno della produzione sorrentiniana), questo nuovo sembra farsi più introspettivo, come se dopo aver aperto i cancelli dell’inferno morale si andasse adesso ad indagarne le cause, le ombre, gli anfratti, scoperchiando segreti e paure mai confessate.
Fellini, certo, ma anche Peter Greenaway e Ken Russell: il citazionismo del regista si fa sfrenato ma viene contenuto all’interno di uno studio accurato sulle arti figurative del cinema. Sacro e profano, volgarità ed eleganza, tutto inestricabilmente fuso in un fluido magmatico e ipnotico che vuole essere insinuante e appassionante, dissimulando le sue tracce mentre rompe ogni convenzione, morale e artistica.
Senza rinunciare, mai, ad un’indecifrabilità impenetrabile.
Gianlorenzo