The Piano Lesson recensione film di Malcolm Washington con John David Washington, Samuel L. Jackson, Danielle Deadwyler e Ray Fisher [Netflix]
Il giovane Boy Willie Charles (John David Washington) fa visita alla sorella Berniece (Danielle Deadwyler) e allo zio Doaker (Samuel L Jackson). All’inizio la sua sembra una normale sosta per affari, ma le sue vere intenzioni sono altre. Boy Willie, infatti, vuole comprare la terra degli ex-padroni dei suoi antenati, ma per farlo ha intenzione di vendere il pianoforte custodito da Berniece. Quest’ultima però non si separerà mai da quello strumento, che risale a prima della Guerra Civile e che contiene la storia della loro famiglia.
Nel 2015 Denzel Washington promise che avrebbe portato sullo schermo tutte le opere del Ciclo di Pittsburgh di August Wilson, il più importante drammaturgo afroamericano nonché due volte vincitore del premio Pulitzer. Dopo Barriere, diretto e interpretato dallo stesso Washington, e Ma’ Rainey’s Black Bottom, è giunto il turno di The Piano Lesson, disponibile su Netflix.
Forse proprio per la centralità del tema della famiglia all’interno del film, sembra quasi che per realizzarlo sia stato coinvolto l’intero clan Washington. Denzel torna infatti nelle vesti di produttore, affiancato dalla figlia Katia, mentre i figli John David e Malcolm sono rispettivamente attore protagonista e regista e sceneggiatore.
La famiglia. Uno dei temi più esplorati di tutta la narrativa e, proprio per questo, uno dei più difficili da rielaborare in maniera originale. Il testo di affronta questa tematica interrogandosi su quanto il passato influenzi i membri di una famiglia e su come ciascuno di loro lo percepisca in modo diverso. Un passato che può perseguitare le persone come un fantasma, rappresentato dal pianoforte, così violentemente conteso tra i due fratelli.
Da un lato, Boy Willie vuole vendere il pianoforte e usare il ricavato per comprare la terra degli oppressori dei suoi antenati. È il risentimento ad animarlo: il suo desiderio è riscattare il passato, cancellarlo per ottenere rivalsa. Berniece, al contrario, difende lo strumento con le unghie e con i denti, nonostante non lo suoni più da anni. Il suo attaccamento al pianoforte, sul quale sono intagliati i volti dei suoi antenati, la rende forte e inamovibile, una vera forza della natura. Ma la rende anche immobile, incapace di tanto di vivere nel presente quanto di guardare veramente in faccia quel passato che vuole conservare così alacremente.
La storia della famiglia Charles, che parte dal Sud schiavista e attraversa gli inizi del Novecento fino alla Pittsburgh post-Depressione, è intagliata nel pianoforte, a perenne ricordo del sangue e delle lacrime versati dai suoi membri. Pur svolgendosi in sole quattro stanze, la narrazione assume un significativo portato storico, diventando emblema di tutta l’esperienza afroamericana.
Il testo originale vinse il Premio Pulitzer, consacrando il nome di August Wilson nell’Olimpo della cultura afroamericana. Forse è anche per questo che Malcom Washington (insieme alla sua famiglia) ha scelto di adattarlo con il massimo della fedeltà e della riverenza, mantenendo anche molti dei dialoghi originali. Una scelta stilistica precisa, capace di suscitare effetti contrastanti a seconda dello spettatore.
Il film, infatti, assume una forte impostazione teatrale. Nonostante qualche flashback che mostra i grandi spazi del Mississippi, il tutto si svolge tra quattro mura e vede susseguirsi monologhi e duelli dialettici tipicamente teatrali. Anche la recitazione è particolarmente caricata da tutti gli interpreti. Non importa se la fotografia conferisce un taglio cinematografico o se la macchina da presa ogni tanto ruota attorno agli attori: ciò che in teatro, con attori in carne ed ossa su un palco, può risultare coinvolgente ed autentico, sullo schermo risulta artificiale e straniante.
Proprio questo eccessivo attaccamento alla sua anima teatrale impedisce a The Piano Lesson di coinvolgere e catturare fino in fondo lo spettatore, pur rimanendo un’eccellente esplorazione delle dinamiche famigliari e del rapporto che il passato gioca all’interno di esse.