The Prodigy – Il figlio del male recensione del film di Nicholas McCarthy con Taylor Schilling, Colm Feore, Peter Mooney, Brittany Allen e Jackson Robert Scott
Uno spietato criminale viene ucciso in Ohio e un bambino, nello stesso momento, viene alla luce in Pennsylvania. Il piccolo Miles crescendo sorprende tutti poiché possiede qualità di apprendimento insolite e per questo motivo riceve un’istruzione specializzata per bambini considerati “geni” in modo tale che possano sviluppare a pieno il loro potenziale. Ma Miles ha qualcosa di più.
Sua madre, Sarah, è convinta che un’entità soprannaturale stia influenzando la sua vita mettendo in grave pericolo anche quelli che lo circondano. La donna dovrà scegliere se seguire il proprio istinto materno e amare incondizionatamente il figlio o, altrimenti, scoprire la ragione di questo inquietante comportamento, che oscilla tra sadismo e crudeltà, per comprendere quale forza strana e malvagia lo stia attanagliando.
La storia di The Prodigy racconta di una coppia di genitori e del loro primo ed unico figlio che, crescendo, sviluppa una doppia personalità. Il film ripercorre tutti i possibili luoghi comuni del genere, non rischia abbastanza e non punta in alto, spiccando soprattutto per la mancanza di originalità.
Nonostante le valide interpretazioni di Taylor Schilling (Orange Is the New Black), di Jackson Robert Scott (il piccolo Georgie di It) e dello psichiatra Colm Feore, queste non risultano del tutto coese e la premessa è chiara fin dal momento in cui vengono presentati tutti i personaggi.
Il film comunque scorre con un po’ di tensione grazie anche all’aiuto di una valida sonora, che costituisce un elemento espressivo per la resa complessiva della storia.
Purtroppo le buone intenzioni del regista McCarthy (The Pact, Oltre il male) sono influenzate dai numerosi classici dell’horror che da sempre ci hanno mostrato bambini diabolici rappresentati da figure angeliche e racconti di reincarnazioni, di Anticristo, di sette sataniche ed altre rappresentazioni di psicopatologia infantile.
In The Prodigy la possessione agisce all’interno di un corpicino, è un essere sinistro che transita velocemente dall’innocenza alla crudeltà ed è questo il vero punto cruciale della storia: da una parte il dilemma di una madre consapevole del fatto che sta offrendo il suo amore ad un vero e proprio mostro e, dall’altra, il legame di sangue che gli impedisce di prendere le giuste decisioni.
Ma, in fondo: chi può uccidere un bambino?
Gabriela