The Sales Girl recensione film di Janchivdorj Sengedorj con Bayartsetseg Bayangerel e Enkhtuul Oidovjamts premiato al Far East Film Festival 25
Dalla Mongolia arriva The Sales Girl, quindicesimo film di Janchivdorj Sengedorj, vincitore del Purple Mulberry Award alla 25esima edizione del Far East Film Festival di Udine.
Nascosto per anni dai riflettori mondani del cinema contemporaneo, Sengedorj sta riuscendo solo recentemente a ritagliarsi uno spazio meritevole nelle sale diverse dalla sua terra natia. The Sales Girl è un’altra tacca importante per un regista con tantissima esperienza che lentamente sta attirando sempre più spettatori verso la sua arte.
Saruul (interpretata da Bayartsetseg Bayangerel) si ritrova sospesa tra adolescenza ed età adulta, tra l’inseguire la passione per la pittura e terminare gli studi in ingegneria nucleare all’università, realizzando così il sogno dei genitori.
Come uscire da questo limbo? Galeotta sarà una gamba rotta. Per puro caso Saruul inizierà a lavorare come commessa nel sexy shop di Katya (Enkhtuul Oidovjamts), una signora eccentrica e con un passato assai avventuroso. Da questo incontro partirà il suo percorso di maturazione, con la scoperta non solo di se stessa ma anche del mondo che la circonda.
LEGGI ANCORA: Far East Film Festival 25, tutte le recensioni
The Sales Girl è un coming of age atipico, viene da una terra lontana ma riesce ad essere universale. L’accettazione di sé, la crescita personale, le convenzioni sociali e l’abbattimento di dogmi arcaici sono infatti alcuni dei temi presenti nella pellicola.
La relazione che si crea tra Katya e la protagonista è magnetica: da una parte una signora che ha vissuto in maniera estremamente libera e positiva la sua vita, che ha nel suo bagaglio personale tante esperienze, lutti, dolori, amori passati e dall’altra una ragazza che questo bagaglio sta iniziando a riempirlo.
Confrontandosi con il microcosmo alquanto bizzarro che ruota attorno al sexy shop, Saruul riuscirà ad intrecciare sfumature e storie di vita diverse, alcune pericolose, alcune al limite della sopportazione. Esperienze che indubbiamente la trasformeranno e la porteranno, delle volte obbligheranno, a cambiare.
La ragazza si allontanerà sempre di più da quell’orizzonte familiare che i suoi genitori avevano costruito scegliendo nuove strade ed un futuro tutto da creare.
Questa maturazione avviene sotto il sapiente occhio di Janchivdorj Sengedorj. L’esperienza del cineasta mongolo permette al film di spaziare tra una moltitudine di situazioni differenti pur rimanendo coerente con se stesso. La storia si dipana dai bellissimi paesaggi della steppa mongola, alle strade trafficate della capitale Ulan Bator. La pellicola in questa ricerca si perde, il ritmo ogni tanto vacilla; in particolare nella parte centrale della pellicola dove lo smarrimento dell’interprete inizia a pesare. In soccorso però arriva il perfetto tempismo comico del regista. Comicità delle volte completamente nonsense, che sfocia in piccoli momenti surreali completamente inaspettati. Lampi che permettono di infondere una certa leggerezza nella narrazione.
Altra componente registica riuscita è la morbidezza nei movimenti delle inquadrature, mai eccessivi, mai troppo rapidi. La cinepresa danza attorno a Saruul e Katya, con leggiadria e senza risultare mai gravosa, anche quando le inquadrature vengono sostenute per un tempo insolitamente lungo. Grande pregio del regista è che, pur creando un film con tematiche fortemente legate alla sfera sessuale, non cade mai nel volgare, creando così un film sulla scoperta di se stessi in tutte le sfaccettature dove la componente sessuale è solo uno degli aspetti da scoprire.