Jacques Audiard torna in Concorso a Venezia con un film anomalo nella sua produzione autoriale. Tratto da un romanzo del canadese Patrick DeWitt, ambientato nell’Oregon del 1850, I Fratelli Sisters è un western che non ha l’ambizione di cambiare i codici del genere ma lavora sulla profondità dei temi e dei personaggi.
In un’edizione che ha dato spazio a storie femminili di grande spessore, il regista francese punta sulla fratellanza, sull’amicizia virile e su un cast di attori in stato di grazia. Quello di Charlie ed Eli Sisters (cognome non casuale) è un viaggio iniziatico, nato dalla necessità di trovare un uomo e ucciderlo. Sono due killer a pagamento con un’attitudine ben diversa: il fratello minore (Joaquin Phoenix) ama il suo lavoro e non aspira a niente di diverso, il maggiore (John C. Reilly) sogna invece di ritirarsi a vita privata.
Audiard racconta il campo e il controcampo del western, giocando con gli stilemi del genere e soffermandosi prevalentemente sul rapporto tra i due protagonisti. La sua regia è, come sempre, orchestrata alla perfezione, senza inutili esibizioni e vezzi. Il film ha un andamento incalzante e alterna con la giusta sapienza i momenti più crepuscolari con quelli ironici. Si torna, quindi, a respirare il grande western del passato ed è un affare non di poco conto, soprattutto vista la poca familiarità col genere di Audiard, avvezzo a un cinema più vicino alle problematiche sociali della banlieue.
Il regista francese dimostra invece la sua versatilità, adeguando il suo stile al contesto ma senza modificarlo, anzi ravvivandolo (pur convincente, Dheepan cominciava a mostrare qualche piccolo logorio nella sua formula classica). Dopo la ballata dei fratelli Coen, il mito della frontiera torna a pulsare e John C. Reilly si prenota un posto tra i favoriti per la Coppa Volpi.
Sergio