The Woman King recensione film di Gina Prince-Bythewood con Viola Davis, Lashana Lynch, Thuso Mbedu, Sheila Atim e John Boyega
Dopo The Old Guard, Gina Prince-Bythewood è tornata e, con lei, anche il suo distintivo cinema militante.
La vicenda di The Woman King, ambientata agli inizi dell’Ottocento, si sviluppa intorno al Dahomey, unico regno africano la cui forza militare era composta in gran parte da donne, le temutissime Agojie. Diciamo subito che le dinamiche di combattimento, già piuttosto delicate in un qualsiasi film d’azione, sono perfettamente coreografate e lo scontro tra le donne Agojie e gli eserciti maschili dei regni ostili appare sempre credibile: la certosina preparazione tecnica dell’esercito di amazzoni riesce sempre a compensare, sul piano cinematografico, la differenza di muscoli con gli avversari di sesso maschile, scongiurando ogni eventuale obiezione di spettatori eccessivamente affezionati alla fedeltà dell’aspetto militare.
Il tutto è impreziosito dallo squisito amalgama di regia, fotografia e scenografia, la cui precisione e qualità restituiscono da subito la sensazione di un vero e proprio kolossal. È proprio nei combattimenti che queste componenti formali danno il loro meglio, grazie alla crudezza delle coreografie, la bravura degli attori (e stuntman) coinvolti e la coerenza dell’ambientazione. Da menzionare anche le numerose scene di ballo e richiami tribali, in cui colonna sonora e regia raggiungono la temperatura emotiva ideale per immergersi nella vicenda.
La star è senza dubbio la monumentale Viola Davis, alla quale è stato assegnato un ruolo semplicemente perfetto per le sue caratteristiche interpretative: il personaggio di Nanisca – generale delle Agojie al servizio di Re Ghezo (John Boyega) – è la sintesi ideale dei numerosi ruoli interpretati nel corso della luccicante carriera della Davis, che riesce nuovamente a trasmettere tanta fermezza, quanta fragilità nella stessa squisita interpretazione.
A livello narrativo The Woman King convince soltanto in parte, a causa di una seconda sezione in cui la sceneggiatura (scritta da Dana Stevens da una storia di Maria Bello – la protagonista di A History of Violence che debutta qui come autrice) sembra rifugiarsi dietro a numerosi cliché cari al genere, risultando eccessivamente prevedibile e fastidiosamente in contrasto con la freschezza delle tematiche in gioco. Inoltre, l’inserimento di svariate linee narrative ne lascia inevitabilmente alcune nello spiacevole terreno della superficialità; in tal senso potremmo citare l’improbabile love story, alla quale non riesce né il compito di emozionarci, né tanto meno quello di rispondere ad un importante quesito esistenziale introdotto verso la metà del film.
Nonostante ciò, la pellicola possiede altre preziose frecce al suo arco, tra le quali possiamo citare la minuziosa scrittura dei rapporti tra le protagoniste (affiancano Nanisca/Viola Davis le guerriere Nawi, Izogie e Amenza, interpretate rispettivamente da Thuso Mbedu, Lashana Lynch e Sheila Atim): la caratterizzazione psicologica dei personaggi principali è in continua evoluzione e ciò conferisce al film il potere di emozionare dal primo all’ultimo minuto.
Chi si aspettasse da Gina Prince-Bythewood un action innovativo rimarrebbe deluso: crediamo invece che l’intenzione della regista newyorkese fosse emozionarci facendoci riflettere e, in questo caso, al netto di alcuni evidenti problemi, ci riteniamo pienamente soddisfatti da The Woman King.