Ti mangio il cuore recensione film di Pippo Mezzapesa con Elodie, Francesco Patanè, Michele Placido, Francesco Di Leva, Tommaso Ragno e Lidia Vitale
Una mafia violenta, verace e glamour come un videoclip musicale
Chissà quanto coscientemente Pippo Mezzapesa si è ficcato in un progetto che avrebbe costituito l’esordio di Elodie come attrice al cinema. Perché sì, se Ti mangio il cuore ha ottenuto l’attenzione mediatica italiana che sta avendo è principalmente per la presenza della pop star italiana nei panni della protagonista del film. Da una parte significa avere una curiosità impensabile per una pellicola italiana nella sezione Orizzonti, dall’altra si paga lo scotto di avere una copertura focalizzata quasi esclusivamente su come se la cavi Elodie davanti alla cinepresa.
Partiamo dunque da quello di cui si parla poco, anzi pochissimo: com’è il film di Mezzapesa? Ti mangio il cuore è basato sulla storia vera della prima pentita donna della mafia del Gargano. Marilena, madre di tre figli e divisa nella pellicola tra un marito possessivo e un giovane uomo di un clan rivale follemente innamorato di lei, lotta per sé e per la sua prole in una realtà dominata dalla logica dell’onore e del maschilismo. Tra i clan del Gargano gli affetti familiari e le relazioni tra madri, figli, fratelli e membri del clan raggiungono livelli viscerali, quasi morbosi: il tutto in una realtà rurale in cui si riscuote il pizzo e si fa il formaggio di capra, la mattina si uccide e il pomeriggio si fa pastorizia. Ti mangio il cuore propone un racconto mafioso tutto sommato convenzionale, che fatica non poco nel mostrare le peculiarità di questi territori e del loro sistema criminale rispetto a quelle più raccontate della Sicilia. A cambiare sembra essere più che altro l’accento: dal siciliano al foggiano.
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L’unico elemento che distingue questo film nel suo modo di ritrarre la mafia è la potente fotografia in bianco e nero scelta dal regista, unitamente a una messa in scena che punta più a coreografare che a riprodurre la realtà con un certo grado di plausibilità. Un bianco e nero ultra moderno, stiloso, che regala anche ai volti più rugosi un fascino rude ma innegabile. Persone, animali e persino escrementi sono fotografati non tanto con realismo, ma con un preciso fine estetico, che ricerca l’intensità dei neri profondi e persino una certa eleganza in una vita agra e cruda, per violenza e ruralismo.
Elodie si mangia un film che subisce il suo fascino
La vera Marilena con la sua testimonianza ha permesso agli inquirenti di penetrare le logiche specifiche di questa geografia mafiosa particolarmente oscura e omertosa. La Marilena del film invece è la versione mafiosa e foggiana della Elodie che conosciamo. Bellissima e sensuale, la cantante è inquadrata come un’icona sexy da un regista che chiaramente ne subisce e quindi amplifica il fascino. In veste d’interprete, Elodie se la cava ma è difficile giudicarne le doti attoriali perché appunto, il carattere della sua Marilena è perfettamente sovrapponibile alla sua immagine pubblica di pop star e donna consapevole della propria sensualità, artista indomita, mai spaventata dai propri sentimenti. Quando il film trova l’occasione di inserire persino la sua vicinanza alla comunità LGBTQ+, trasformandola in una sorta di sensualissima Madonna dolorosa, ecco che capiamo che Elodie si è mangiata il film: non con la forza della sua recitazione, ma per una questione di tempistiche. È l’artista del momento in Italia, tutti la mangiano con gli occhi, in tanti ne sono incuriositi e attratti e il film sembra rispondere più a queste esigenze che a quelle di un racconto di mafia.
D’altronde il cinema vive di recitazione tanto quando di dimensione visiva: alle volte uno sguardo magnetico, una presenza naturalmente carismatica valgono quanto un’ottima padronanza recitativa. Se un regista è irretito da una persona e trova il modo di rendere questa sua fascinazione per immagini, il cinema ha vinto, quantomeno come arte visiva. In questo senso Ti mangio il cuore è ammaliato da Elodie e le regala un personaggio che, grazie a vibrazioni caratteriali simili, le permette di uscire al meglio dalla prova da esordiente.
Bisogna però segnalare che sia Francesco Patanè nei panni dell’amante giovane e appassionato di Elodie, sia Tommaso Ragno in quelli del patriarca di una delle tre famiglie mafiose meriterebbero altrettante attenzioni. Se Elodie funziona qui grazie alla sua innata intensità, Ragno è fenomenale nel generale una forza magnetica uguale e superiore, pur in un ruolo da comprimario.