Tito and the Birds recensione film di Gabriel Bitar, André Catoto e Gustavo Steinberg presentato a Visioni Fantastiche 2020
Liberi e rifiutati.
Loro ci osservano e ci conoscono.
(Tito and the Birds)
Gli animali, sin dai tempi più antichi, possiedono la capacità di prevenire e avvertire gli esseri umani di eventuali catastrofi imminenti. Gli uccelli, in particolar modo, sono quelli che più di tutti segnalano con i loro spostamenti eventi funesti in arrivo. Su questo argomento è stato realizzato il lungometraggio animato di origine brasiliana Tito and the Birds, presentato a Visioni Fantastiche 2020, costola del Ravenna Nightmare giunta alla sua seconda edizione e dedicata al fantasy e ai più piccini.
Tito è un ragazzino non molto coraggioso ma curioso, affezionato al padre scienziato Rufus che cerca di aiutare nella costruzione di una macchina in grado di tradurre il canto degli uccelli. Durante una fase di testing della macchina avviene un’esplosione che coinvolge Tito e Rufus, ferendo gravemente il primo e costringendo il secondo a lasciare anzitempo la famiglia. Tito si addossa la colpa del malfunzionamento della macchina, avvenuto perché aveva troppa paura di aiutare il padre. Mosso dal rimorso, Tito costruisce una nuova macchina proprio come quella di Rufus.
Mentre in Brasile e nel mondo è scoppiata una grave epidemia, Tito e i suoi amici, Sarah e Buiú, cercano di trovare una cura grazie agli uccelli, nello specifico i piccioni di strada, che sembrano conoscere la causa del male che sta affliggendo il pianeta. Diretto e scritto da Gabriel Bitar, André Catoto e Gustavo Steinberg, Tito and the Birds è un lungometraggio dai toni drammatici e da un impatto visivo pittoresco.
Quello che colpisce di più, soprattutto in tempi ostici come quelli che stiamo vivendo, è l’accostare l’epidemia allo stato di paura e panico. La paura è uno stato d’animo paralizzante che rende l’essere umano fragile, distante e spietato soprattutto verso la sua stessa specie. Vera antagonista del film, la paura, è elemento cardine di questo racconto capace di sorprendere anche con qualche colpo di scena. Tito and the Birds non è solo un racconto per ragazzi, è una storia riflessiva e allo stesso tempo poetica grazie ad una messa in scena visiva che ritrae paesaggi e situazioni dando l’impressione di osservare un dipinto animato, il cui tratto grosso e ben marcato rappresenta al meglio la drammaticità del contesto narrativo.
I registi mettono in campo un’opera che parla di amicizia, di paura, di ansia, di panico, di egoismo, di famiglia e infine degli animali che nella loro evoluzione, rispetto agli esseri umani, sono stati in grado di rimanere fedeli a se stessi comprendendo appieno il senso di unità e fratellanza, soprattutto nei momenti più difficili. Interessante e simbolico che, fra tutti gli animali, l’utilizzo degli uccelli sia la chiave di ogni soluzione, essi rappresentano la libertà per eccellenza, l’unione in stormi e la capacità di osservare qualsiasi dettaglio dall’alto verso il basso.
In Tito and the Birds c’è tutto questo, una ricchezza e una profondità di espressione e narrazione che emozione e coinvolge, non trascurando il messaggio più importante di tutti e che l’essere umano, purtroppo, sembra aver dimenticato. Perché in fondo come diceva Rudyard Kipling ne Il libro della giungla, “la forza del branco è nel lupo, la forza del lupo è nel branco”, il cui significato metaforico è esplicito, cioè l’unità di superare i momenti difficili è la miglior cura esistente al mondo.